Stefano Riggio
Emotional Branding: i cinque sensi
Oggi la sfida per il brand è provocare emozioni in ognuno di noi con un coinvolgimento a 360 gradi
Stefano Riggio
Marketing e business development
blogger appassionato di strategie di vendita
Quanto è importante valorizzare le nostre sensibilità per essere ricordati? Come sviluppare il sesto senso, la scintilla che accende le passioni e attira gli interessi in comunicazione? Il fattore umano in comunicazione dove può portarci?
Il branding è sempre stato utilizzato come rappresentazione attraverso l'uso di un logo, oppure di uno slogan più o meno colorato (aspetto fondamentale) e incisivo, questo per dare una precisa idea o stile di vita del proprio marchio.
Essenziale anche per cercare di diversificarsi dal proprio concorrente, quando viene proposto il medesimo prodotto.
Il successo di un marchio però non si limita ad una combinazione di colori e caratteri, deve infatti creare una buona connessione emotiva con il proprio pubblico.
In questi anni molti noti marchi hanno avuto successo proprio con l’Emotional Branding.
Un esempio concreto è la Nike, con l’utilizzo sapiente della notorietà di famosi sportivi, crea una connessione molto forte con i propri clienti, gli stessi clienti che prima di tutto sono fan.
Ricordiamo per esempio la pubblicità di diversi anni fa (anni 90 se non sbaglio) in cui alcuni calciatori si sfidavano all’interno di una arena, bene, in questo caso Nike ha generato connessione con molte persone, ha raggruppato fan da tutto il mondo e riunito tutti sotto un solo marchio, il loro.
Altri grandi brand al mondo hanno utilizzato l’Emotional Branding nelle loro strategie: Pepsi, McDonald, Lego, Google, Apple e Alfa Romeo per citarne alcune.
Come utilizzare la tecnologia per offrire una comunicazione più completa? Quanto il fattore umano riuscirà a guidare questo cambiamento integrando i rapporti in carne ed ossa con quelli virtuali? Qual è il destino dell’ADV classico in questo senso?
Tutti trovano un modo per connettersi con il loro pubblico e costruire una relazione emotiva.
Le emozioni sono fondamentali per entrare in contatto con i clienti, quello che i consumatori davvero vogliono è che la loro vita sia più semplice e che un marchio soddisfi i loro bisogni emotivi.
Quanto è importante oggi estendere la propria immagine su diversi settori? Quali sono i casi di successo più eclatanti? Come ridurre il rischio di perdere valore in questa delicata operazione?
Quando si arriva a questo punto, chi riesce a comprendere qual è davvero l’esigenza del cliente a livello emotivo, cosa tocca più una persona, ed espande questa “necessità” integrandola con il proprio brand, beh avrà senz’altro un’enorme seguito.
I marchi di maggiore successo, funzionano così bene perché integrano un trigger emotivo a tutto quello che propongono.
Ad esempio il servizio clienti di Amazon, che ti fa sentire così vicino alle tue esigenze, coccolato e protetto da qualsiasi problema.
Questo a sua volta si tradurrà poi in fedeltà incondizionata da parte del cliente, che è poi il vero obiettivo per la maggior parte delle marche.
Le persone formano davvero un attaccamento emotivo verso un marchio, ed è molto improbabile che si stacchino per iniziare una “relazione” partendo da zero con un marchio differente.
L’Emotional Branding richiede forse lunghi tempi di gestione e un’attenta valutazione prima di riuscire a proporre qualcosa di davvero concreto e funzionale , ma una volta che i clienti saranno all’interno di questa bolla di emozioni saranno legati al marchio per lungo tempo.