Carlo Barbanera
Emotional Branding: i cinque sensi
Oggi la sfida per il brand è provocare emozioni in ognuno di noi con un coinvolgimento a 360 gradi
Carlo Barbanera
Creativo, Art Director
Quanto è importante valorizzare le nostre sensibilità per essere ricordati?
Come nella vita, in pubblicità, l’emozione comanda. Di uno spot che abbiamo visto in TV o al cinema, spesso non ricordiamo le parole esatte ma capita di ricordarci l’emozione che ci ha trasmesso: se ci ha fatto ridere, se ci è entrato in testa con un motivetto particolare, se ci ha dato un pugno allo stomaco con un’emozione forte.
La sfida del creativo è andare a cercare l’emozione migliore da “far provare” a chi guarda e a chi ascolta. La differenza tra la vita e lo spot pubblicitario, è che in uno spot hai solo 30 secondi per riuscirci, oltretutto in mezzo ad altri mille messaggi che ti dicono: “Eccomi sono il migliore”, “Guarda sono proprio quello che cercavi”…
La soglia di attenzione è ancora inferiore se stiamo scorrendo la home di Facebook o se percorrendo una strada incrociamo dei cartelloni pubblicitari.
Come sviluppare il sesto senso, la scintilla che accende le passioni e attira gli interessi in comunicazione?
Ci sono tanti modi per comunicare: il suono, l’immagine, la luce, il colore, il tatto, il gusto, il profumo, non solo la parola. Tutto può essere utile per creare un ponte tra chi sta dicendo qualcosa e chi deve recepirla. Quella scintilla è difficile da spiegare, personalmente non arriva mai se mi fermo a pensare seduto alla scrivania, lampeggia mentre faccio tutt’altro. Per questo bisogna assorbire tutto quello che c’è attorno a noi.
Come? Viaggiando, guardando film dai più leggeri ai più impegnati, ascoltando tipi di musica differenti, guardando sul web e anche guardandosi attorno, sfogliando riviste… il lavoro di chi comunica è radunare tutte queste esperienze, scegliere la più efficace, mischiarla con la propria idea e darle un senso. Facile no? Poi se uno è creativo, e non intendo solo come professione ma nel vero senso della parola, riuscirà a far accendere queste scintille in meno tempo o meglio degli altri.
Il fattore umano in comunicazione dove può portarci?
La tendenza è sempre stata quella di rendere tutto più umanizzato possibile. La realtà virtuale come il digital arricchiscono le possibilità di creare contenuti pubblicitari ad hoc. Siamo sempre più in grado di tracciare i profili dei potenziali clienti e scegliere a chi mostrare i nostri annunci e su quale dispositivo. La tecnologia consente di espandere il messaggio su più fronti ma è indispensabile calibrarlo precisamente sul mezzo di comunicazione appropriato.
Quanto è importante oggi estendere la propria immagine su diversi settori? Quali sono i casi di successo più eclatanti?
L’estensione è importante quando un prodotto ha potenzialità di inserirsi in un mercato diverso rispetto a quello a cui l’azienda è abituata. C’è chi riesce a diversificare bene come la compagnia Virgin che passa dagli aerei alle bevande, dalle case discografiche alle palestre, trasmettendo il concetto di dinamicità/stare al passo coi tempi. Chi come Armani passa dall’alta moda al mercato dell’arredamento domestico con Armani Casa, riuscendo a trasferire l’aspirazionalità dell’eleganza e dello stile, dall’abbigliamento alla casa. A volte ci sono flop clamorosi o che cadono nel dimenticatoio come quando un’azienda di dentifrici (Colgate), comincia a produrre lasagne surgelate (si l’hanno fatto davvero!)… quale dovrebbe essere il valore aggiunto per chi compra?
Come ridurre il rischio di perdere valore in questa delicata operazione?
Penso sia semplice ma indiscutibile: meglio una cosa fatta bene che dieci fatte così e così. Se davvero un prodotto rispecchia un’esigenza dei consumer, o riesce a inserirsi in una nicchia vacante di mercato allora ha senso tentare. Altrimenti meglio concentrarsi sul miglioramento del proprio prodotto. Quello che ritengo fondamentale è restare fedeli all’identità e ai valori del brand. Se nel tempo hai costruito una reputazione, un’idea di stile, un modo di essere, una qualità precisa, perché diluirla? Voi vi lavereste mai i denti con un dentifricio della Findus?!