Massimo Galati
Comunicazione = Informazione, Intrattenimento e Creatività
Massimo Galati Direttore Creativo EURO RSCG Life
Informazione, intrattenimento e creatività continuano a essere le parole chiave della comunicazione. Quale di questi elementi prevarrà nella formula che ci porterà verso una nuova forma di comunicare ?
Ciò che sarà in futuro dipenderà dagli equilibri di queste forze e in particolare da come la creatività sarà funzionale all’una o all’altra componente. Se, come auspicabile, a farla da protagonista sarà il connubio creatività-informazione, si potrà ragionevolmente pensare anche in Italia a costruire una società più attenta e responsabile, una società che sia in grado di agire sul suo futuro e consegnare alle nuove generazioni il senso di un progresso sostenibile ancor più che uno sfruttamento sostenibile.
Se invece sarà l’intrattenimento a prevalere sull’informazione, come oggi sembra ineluttabilmente essere, a pagare dazio sarà la cultura della consapevolezza e, in estrema analisi, la qualità del consumo e della vita. Come ci insegna la storia dell’economia di mercato, le cicliche fasi di crisi e recessione lasciano il passo a fecondi momenti di ripresa e di espansione, momenti nei quali si dimenticano presto i valori più orientati ad una cultura che consenta di immaginare un futuro diverso e soprattutto di realizzarlo concretamente.
Pensa che oggi il target sia più consapevole di quello che desidera e di quello che si può aspettare dai brand?
In un certo qual senso è la categoria merceologica a determinare la tipologia del consumo. Se parliamo di acquisti di impulso, volti a soddisfare una condizione dello spirito – lo shopping è il migliore degli esempi - più che a risolvere un quotidiano bisogno funzionale, allora la consapevolezza è un orpello quasi inutile. La decisione diventa più ragionata se invece si tratta di brand che rispondono a determinate problematiche a cui, come consumatori/fruitori, dobbiamo dare specifiche soluzioni. Se guardiamo il caso della comunicazione health care e beauty, il mio settore di competenza, scopriamo come i consumatori non si fermino più all’end benefit di prodotto, cioè al “che cosa fa un determinato principio attivo” ma chiedano di sapere come questo risultato venga raggiunto. Il ricorso sempre più frequente alle demo di prodotto nelle campagne pubblicitarie che hanno lo scopo di spiegare al consumatore i meccanismi di azione dei principi attivi, è la palese dimostrazione che i target di riferimento hanno l’esigenza di capire se ciò di cui hanno bisogno è veramente riscontrabile in quello che la pubblicità gli vuole trasferire. Anche in questi casi, l’avvalersi delle fonti di informazione della nostra modernità, come i blog, diventa cruciale per determinare, attraverso l’ottenimento dell’informazione e soprattutto al confronto, la nostra opinione e la nostra scelta.
Quanto è importante l’informazione del prodotto che acquistiamo?
E’ molto più importante rispetto ad un passato in cui c’era un rapporto fiduciario tra i consumatori e le aziende, o meglio dove la mancanza di informazioni specifiche – non richieste per altro dai consumatori – rendeva possibile l’accreditamento generazionale e imperituro dei brand nelle famiglie. Oggi un vivo scetticismo nato e prosperato anche sulla scia di una informazione giornalistica che, nella ricerca dello scoop, si trova spesso al limite del procurato allarme, fa sì che solo chi produce un gran numero di passaggi pubblicitari sui media tradizionali e non, riesce a conferire autorevolezza al proprio messaggio, infondere sicurezza e incentivare all’acquisto. Spesso però, proprio prendendo in esame il pluriregolamentato mondo della salute e della bellezza, ragionevolmente caratterizzato da autorità di controllo atte a verificare la proprietà e la veridicità dei messaggi trasmessi dalle aziende, accade anche il contrario e cioè che l’informazione, anche se ben impostata, non riesca ad abbattere quella “cromosomica barriera” della diffidenza. Basti pensare al farmaco generico, per principi attivi in tutto e per tutto uguale a quello griffato, che ancora oggi non decolla in farmacia perché ritenuto dal consumatore non pari a quello patentato. In questo senso l’antico adagio che per la salute non si bada a spese, passatemi l’espressione, è duro a morire.
Il concetto di sostenibilità ambientale o sociale può essere d'aiuto alle aziende?
In Italia forse fra 50 anni. Bisognerebbe prima costruire una cultura del rispetto ambientale individuale e collettivo attraverso quella che un tempo si chiamava “educazione civica”. La pubblicità può fare la sua parte, certo. Ma può bastare da sola a creare un modello nuovo? Fin tanto che le aziende avranno consumatori più grigi che verdi, produrranno beni più grigi che verdi, parleranno in grigese e non richiederanno alle Agenzie di fare i pionieri, se non certi degli utili che tale “azzardo” comporterebbe loro.
Stiamo cercando di evadere dalle nostre abitudini, abbiamo sempre più desiderio di intrattenerci con devices tecnologici portatili. Sarà questa la nuova frontiera della comunicazione?
La deriva di un’individualità articolata intorno all’interattività digitale, per quanto non gradita al sottoscritto, è già in atto da tempo. C’è chi crede ancora che le nostre abitudini siano la più valida forma di pensiero e di partecipazione e che un’evasione sia soprattutto un atto fisico e non virtuale. Detto questo, il compito delle Agenzie è come sempre interpretare linguaggi e mode e trasferirli al pubblico, sottoforma di rilevanti e differenzianti messaggi pubblicitari, con la finalità di sostenere prodotti, servizi e aziende. Se questa che viviamo è la nuova frontiera, non credo che ci possano essere molte alternative possibili, device, interattività e community sono e saranno ineluttabilmente il futuro. E la comunicazione farà il suo.
Crede che le aziende siano portate a fare una scelta fra le diverse strategie di comunicazione oggi disponibili? Quanto conta il grado di integrazione dei media?
La Creatività va d'accordo con gli attuali budget ridotti ? Come l'apporto creativo può agevolare la trasmissione del messaggio?
La creatività, intesa come la capacità di significare in codice un determinato messaggio, può trovare la sua ragion d’essere anche nel segno di un graffittaro il cui budget è contenuto nella spesa di uno spray. L’importante è che le aziende non ne prendano coscienza…
L’attuale fase di transizione può ampliare la competitività fra i diversi stili creativi?
Ancora una volta la storia ci può essere d’aiuto. La crisi – etimologicamente intesa come cambiamento – è il più grande stimolo a mutare le regole del gioco e a farlo nel modo più funzionale e differenziante possibile. E anche più rapidamente degli altri.