Paolo Iabichino
Direttore Creativo Ogilvy One Worldwide
Che cosa c’è dietro il catalogo della raccolta punti Granarolo ?
Un gran lavoro: per il nostro direttore di produzione, Emanuela Renna, questo progetto fa addirittura parte di un programma dietetico, dal momento che quando arriva il catalogo Granarolo lei perde dai 3 ai 10 chili…
Scherzi a parte, questa promozione è una produzione molto impegnativa per la nostra agenzia, con uno shooting fotografico lungo e complesso, sia per la quantità dei premi in catalogo (con un centinaio di premi, è forse una delle collection più ricche) sia per la qualità dell’esecuzione: basti pensare che, da 3 anni a questa parte, abbiamo deciso di ambientare ogni singolo premio, il che richiede la presenza sul set di una stylist, di un home economist e una scelta accurata di locations suggestive, che magari si vedono poco, ma che danno un background ricco di valore e aumentano la percezione di qualità di ogni singolo premio.
Quindi è necessario un grande sforzo, da parte di tutto il team, per gestire l’intero processo: dalle proposte di layout allo shooting, fino alla postproduzione: ogni singola foto va infatti pulita, lavorata, ritoccata…
Quindi un grosso impegno organizzativo. E dal punto di vista creativo?
Lo sforzo maggiore è degli art director e della fotografa Monica Spezia. La sua scelta non è casuale, abbiamo scelto di lavorare con una delle fotografe più accreditate nel settore dell’interior design; il suo contributo è fondamentale nel valorizzare al meglio i premi in catalogo, nel comunicare ‘qualità’ anche attraverso le immagini.
E infatti credo che la promozione Granarolo sia riuscita a portare anche dentro un’attività promozionale, spesso sottovalutata dagli stessi addetti ai lavori, quel valore di qualità che è proprio della marca: merito del cliente, che ha saputo selezionare dei premi in linea con questo DNA, merito anche nostro, che siamo riusciti a fotografarli, a rappresentarli, a raccontarli in modo che la qualità dell’oggetto fosse valorizzata al meglio.
Un progetto dunque che vi ha dato anche delle soddisfazioni…
Ce ne ha date e continua a darcene: sapere che Granarolo diventa, grazie anche al nostro lavoro, la seconda collection d’Italia, sapere che oltre 500.000 famiglie si sono prese la briga di incollare le prove d’acquisto sulla nostra tessera, di spedire le cartoline, è una cosa che ci gratifica, è una bella soddisfazione…
In fondo, il bello di lavorare con la comunicazione diretta è quello di poter valutare ogni giorno il risultato di quello che fai, di poter vedere immediatamente il tipo di risposta alla promozione che stai lanciando… non sempre, nell’advertising hai un feedback così diretto e immediato.
Eppure la promozione viene in genere considerata un po’ la Cenerentola della comunicazione…
La promozione per noi ha una valenza strategica all’interno del piano di comunicazione, perché è uno dei momenti più forti della relazione con il consumatore: è il momento in cui il comportamento d’acquisto viene in qualche modo ricompensato, in cui la marca può ‘dire la sua’ nei confronti del consumatore, è un momento di dialogo, di relazione; poi è chiaro che ha anche una valenza tattica, serve a spostare vendite in modo importante, ma non può ridursi a questo.
Infatti non bisogna dimenticare che dietro ad ogni promozione, ad ogni cartolina, ad ogni telefonata, ad ogni mail che ti arriva, c’è una persona, un nome, dei dati.
Il salto di qualità che devono fare le promozioni è questo: imparare a capitalizzare sul patrimonio di informazioni che il consumatore ti dà, imparare ad utilizzare la promozione come inizio di una relazione.
Per restare agli esempi che abbiamo in casa, pensiamo a GS, per cui gestiamo le operazioni SpesAmica: la chiave di ingresso è promozionale (buoni sconto, punti, raccolta), la meccanica è tradizionale, ma lo sforzo che fa GS è quello di analizzare in profondità il proprio database, di clusterizzare il consumatore, di andare a proporre contatti successivi mirati sul profilo specifico del cliente.
In questo, la GDO è all’avanguardia, ma ci sono molte aziende che hanno tutti i requisiti per impostare questo tipo di discorso: penso a Nestlé, che l’anno scorso è stata premiata per il miglior marketing database italiano. Ma penso anche al lavoro che facciamo sulla comunicazione diretta off e online per American Express, IBM, e altri nostri clienti.
Uno sviluppo in cui noi crediamo molto, tant’è che la nostra divisione Ogilvy Consulting si occupa appunto di gestire, analizzare, profilare i database: perché un database, se non viene analizzato, non è nulla; ma se tu sei in grado di fare su quei dati un lavoro di analisi sottile, attento, allora diventa la base su cui costruire una strategia di comunicazione molto mirata.
Tanto più che oggi non è detto che per andare su un cliente fedele si debba passare necessariamente dal magazine tradizionale (con i relativi costi): abbiamo a disposizione una pluralità di mezzi, tra cui la possibilità di contatto on line, che rendono possibile la fidelizzazione del cliente a costi contenuti: un discorso che a noi appare in un certo senso naturale per la presenza in Ogilvy della divisione Interactive, che facilita indubbiamente questo tipo di percorso. Non è un caso che tre società del nostro Gruppo, OgilvyOne, Ogilvy Interactive e Ogilvy Consulting, siano guidate dallo stesso Amministratore Delegato, Guerino Delfino. A significare la stretta coesione strategica e creativa nella gestione di progetti di comunicazione davvero a 360°.
E nel caso specifico della promozione Granarolo? C’è stata una sinergia tra le diverse realtà interne ad Ogilvy?
La promozione Granarolo è secondo me uno degli esempi più felici del modo di lavoro di Ogilvy, dell’integrazione tra le sue diverse ‘anime’: in particolare tra Ogilvy & Mather, che si occupa dell’advertising tradizionale e OgilvyOne, dedicata alla comunicazione diretta.
In questo caso è stata OgilvyOne a ricevere l’incarico ed il brief, ma il team di lavoro che si è occupato di questo progetto si è allargato di anno in anno, includendo le competenze di Ogilvy & Mather: in primis, ovviamente, perché il catalogo si allinea alla creatività dell’advertising, in quanto se lo spot parla del filo dell’alta qualità anche la promozione si porta dietro il tema del filo; ma anche perché il team operativo, che lavora fisicamente sul catalogo, include i creativi Ogilvy & Mather: l’art director impegnata sul progetto, Cristina Piazza, è affiancata dall’art director advertising Paolo De Matteis, la direzione creativa viene condivisa con i client creative director di Ogilvy & Mather.
Il risultato è un modo di lavorare molto corale, che permette di gestire al meglio un progetto così complesso: ricordo che appena arrivò il brief ci furono una serie di brainstorming dove ci si trovava a parlare, a fare delle proposte per rendere la promozione più interessante rispetto all’anno precedente, per individuare servizi e prodotti a valore aggiunto che potessero essere integrati nel catalogo, per proporre al cliente delle linee di prodotto piuttosto che delle idee di comunicazione (l’anno scorso ad esempio fu la serie dei racconti del latte) che servissero a dare al catalogo quel quid in più.
Questo team allargato è l’aspetto più faticoso, ma è anche molto stimolante e quello che arriva al cliente è un prodotto di qualità superiore, sia perché è più alto il contributo di risorse dedicato al progetto, sia perché c’è una maggiore possibilità di crescita per le persone che sono impegnate sul progetto.
Questo valore aggiunto si vede: Granarolo riesce a portare nella sua promozione quel valore di alta qualità che appartiene ai suoi codici di marca.
Un tema, quello dei valori del brand, a cui Ogilvy è particolarmente attenta...
Proprio così, noi siamo un’agenzia che ha il ‘pallino’ della marca.
Ogilvy ha come metodo di lavoro il ‘360 degree branding’, che vuol dire lavorare alla ricerca di una big brand idea: l’idea di marca forte e distintiva che diventa epicentro della comunicazione; dopodiché arriva la scelta dei media, e qui Ogilvy è in grado di mettere in campo le diverse professionalità, ciascuna con le proprie metodologie... ma se non sei ancorato ad una forte big brand idea hai il respiro corto... non vai lontano.
Quindi noi cerchiamo di dare una creatività strategica nella consulenza di marketing e non solamente nel layout o nello spot; anche quando arriva un’attività apparentemente banale come la promozione, non si dice ‘ci hanno chiesto una promozione’ ma si mette sul tavolo il problema del cliente, si fa un piano di azione articolato, capace di integrare tra loro le diverse discipline, e solo a quel punto si decide quali sono le competenze che possiamo chiamare in causa e i diversi professionisti si mettono in moto.
Chi lavora qui ha questa possibilità perché c’è una vicinanza anche fisica tra le diverse competenze, che fanno parte spesso dello stesso tavolo di lavoro: Ogilvy & Mather, OgilvyOne, Ogilvy Consulting, Ogilvy Interactive (oltre a Ogilvy Healthcare che si occupa del settore medico) e a Design Direct.
Questo approccio è in grado di rispondere alle nuove sfide che attendono la comunicazione?
Credo proprio di sì: non a caso Ogilvy è una delle poche agenzie che anche nei momenti di pausa del mercato continua a crescere e questo conferma la validità della direzione che abbiamo intrapreso, forse in maniera un po’ pionieristica, qualche anno fa, quando la comunicazione integrata non era ancora così di moda.
Avere avuto l’intuizione di avere in casa una Ogilvy Interactive vuol dire averla ai tavoli di lavoro e non dire: ‘il sito lo facciamo fare da...’ ; Ogilvy One non è nata comprando un’agenzia specializzata nel direct marketing, ma è nata all’interno di Ogilvy, quando si è intuito che la comunicazione one-to-one non era solo un nuovo territorio di business, era una chiave di ingresso strategica per costruire una marca, così come la promozione o l’Internet o la gestione di un database.
E’ una tendenza che Ogilvy ha anticipato, guadagnando terreno prezioso sulle agenzie concorrenti.
Oggi sono sempre più le aziende che si rendono conto di quanto la comunicazione relazionale sia importante e io credo che il futuro si giocherà su questo territorio: l’advertising da solo non è più sufficiente a costruire una marca, per costruire una marca devi avere un consumatore al fianco che ti sceglie, che è fedele, che in qualche modo crede o si riconosce nei valori della marca e questo si ottiene relazionandosi al consumatore e proponendogli servizi e valori accanto a un prodotto.
E tanto più questi valori ti sono affini, tanto più sono riusciti ad entrare nelle tue corde, tanto più sei fedele, meno attaccabile dalla concorrenza perché quella marca appartiene al tuo stile di vita.
Questo credo sia il futuro della comunicazione e questo è il nostro obiettivo come OgilvyOne: sviluppare programmi di comunicazione capaci di costruire una relazione durevole con il consumatore.