Simone Ferrari - Roberta Sollazzi
Amministratore e Direttore Creativo Ideogramma - Direttore Creativo Ideogramma
A Proposito dello spot della Birra Wieckse Witte, è stata una campagna difficile da realizzare?
Quando Heineken approvò lo script del film Wieckse Witte, avevamo in mano una campagna molto solida dal punto di vista della coerenza strategica, della chiarezza del messaggio e della struttura narrativa.
L’idea partiva infatti da una caratteristica oggettiva del prodotto (la torbidità della birra bianca) sviluppandola con un’ipotesi semplice e paradossale: che cosa succederebbe se nella vita fosse tutto trasparente?
Semplice era anche il meccanismo creativo: una rivisitazione del tradizionale espediente dei sottotitoli che esprimono il pensiero non rivelato di uno dei personaggi; la novità era che questi sottotitoli erano visibili non solo al telespettatore, ma – rovesciando la convenzione – anche agli altri personaggi in scena, rendendo in questo modo “trasparenti” pensieri sconvenienti e inconfessabili.
Una sorta di side-by-side, leggero e giocoso, fra trasparenza e torbidità, risolto infine e sintetizzato dal claim “Don’t be too clear”.
Realizzare un film così è facile. Realizzarlo bene è molto difficile.
La sceneggiatura non era di quelle che richiedono acrobazie produttive, set complicati, post-produzioni elaborate etc. Ma era vitale che la produzione vestisse lo script di tutti quegli elementi necessari a trasformare una buona idea creativa in un film in grado di sedurre il pubblico: humour, verosimiglianza, naturalezza delle performances, ambientazione interessante e un look generale capace di piacere al target di riferimento, che nel nostro caso era composto di ventenni di tendenza, frequentatori di locali giusti, critici inesorabili non disposti a perdonare ingenuità e cadute di stile.
Fra tutte queste esigenze, l’aspetto più delicato era proprio quello della recitazione: volevamo evitare assolutamente l’over-acting, l’enfasi della mimica e la sguaiataggine che purtroppo infestano buona parte della comicità italiana, in pubblicità come in tv e al cinema. Nel brief dato alle case di produzione la qualità della recitazione era in cima alla lista delle priorità, come elemento chiave per dare al film lo stile desiderato e una dignità internazionale.
La scelta di regia è caduta su Bob Rice, un americano intelligente scovato per noi a Los Angeles dalla Central Groucho. La sua pizza era piena di performances attoriali esilaranti ma misurate, di situazioni paradossali rese credibili da una regia attenta e sensata. Il lavoro del regista e della casa di produzione ha dato un vero valore aggiunto sul casting: oltre metà del quale importato da Londra.
Scenografia e fotografia hanno fatto il resto, creando intorno ai personaggi l’ambiente giusto, trendy ma credibile, curato e reale.
Il risultato ha superato le aspettative, tant’è vero che il film, originariamente commissionato da Heineken Italia solo per il nostro paese, è poi stato esportato con successo all’estero.
Questa campagna rappresenta bene il vostro modo di lavorare o è un caso a sé?
Il caso Wieckse Witte è molto rappresentativo del modo di lavorare della nostra agenzia. A Ideogramma piace fare la creatività, e farla bene, cioè elaborare input razionali per generare un pensiero originale, inventare modi di comunicare nuovi, differenzianti, intelligenti, divertenti, emozionanti senza perdere il contatto con la realtà, che nel nostro lavoro significa un saldo ancoraggio a quello che il prodotto e la marca hanno da dire.
Il posizionamento di Ideogramma è in fondo molto semplice: la qualità delle idee.
E’ un valore che non dipende dall’evoluzione delle tecnologie e che quindi non invecchia col mutare degli scenari. La buona creatività sa utilizzare il mezzo tecnologico mettendolo al servizio dell’idea, non viceversa.
Che cosa pensate che cambierà nello scenario dei prossimi anni?
L’inasprimento della sfida competitiva nel campo della comunicazione non è un’incognita del futuro, bensì un fenomeno in corso, durissimo, da anni, come il mondo della agenzie di pubblicità ha già amaramente sperimentato.
A salvarci dalla restrizione del business e dall’imbarbarimento della battaglia può essere solo la qualità creativa, che è lo specifico e in fondo la ragione d’essere del nostro mestiere e che fortunatamente non è una variabile del mercato ma un patrimonio che si rivaluta nel tempo, per noi e per le aziende che ci scelgono.