Ilaria Bettinelli
Il viaggio del Messaggio: Dal brief in poi il messaggio vive diversi processi creativi che fanno in modo che una volta arrivato a destinazione, il viaggio non si fermi...
Ilaria Bettinelli
Communication Project Manager
Quale metodo deve perseguire il professionista per sviluppare un contenuto di valore che arrivi al destinatario del messaggio e che da lì riparta per prendere nuova vita?
Nella creazione di un messaggio creativo ed etico, che rimanga nel tempo, seppur con possibili modifiche in itinere, a mio parere non si può parlare soltanto di processo o di modus operandi. Si tratta di sensibilità, di cogliere innanzitutto l’esigenza del cliente, studiare la personalità già esistente del brand / servizio e soprattutto i nostri interlocutori. Il messaggio – o meglio – il contenuto, oggi non è più puramente il risultato di un processo creativo che va a cogliere nel segno il target di riferimento ma si tratta piuttosto di espressione sociale, di mettere un valore al servizio di qualcuno o qualcosa fuori da sé: non basta pronunciare, scrivere o disegnare per comunicare; la comunicazione avviene quando arriva, quando l'espressione è compresa e diventa patrimonio comune per la costruzione di una discussione, di un sapere, di una cultura.
Parlando pragmaticamente, l’analisi e l’ascolto sono alla base di qualsiasi progetto. Grazie agli strumenti di misurazione online, i professionisti della comunicazione possono analizzare e valutare la situazione presente, come sta comunicando il brand, su quali piattaforme, se è presente in communities, sui social network, che tipologia di sentiment i cittadini hanno nei confronti del prodotto/servizio/azienda. Un’analisi che può e deve continuare dalle prime idee lungo tutta il percorso di co-creazione del messaggio. Un messaggio che è già nei nostri interlocutori, che già esiste ma deve essere esplicitato in maniera creativa e comunicato in modo diverso a seconda degli obiettivi, del mercato, non solo del canale utilizzato. Il contenuto non è statico, è liquido, può essere modificato dall’azienda stessa, dal professionista ma anche dall’utente stesso. Il metodo è l’ascolto, l’osservazione e la pianificazione editoriale, basata su un’analisi continua. Mai perderle di vista.
Oggi in quale misura siamo disposti a seguire il content marketing di marca? I social favorendo la condivisione sono il canale ideale per ingaggiare l’utente?
Purtroppo, molte realtà italiane non sono ancora ‘pronte’ ad accogliere una figura del genere. Spesso ci si ancora su vecchi preconcetti e stereotipi, non cogliendo l’importanza di una tale nuova figura nel mercato del lavoro (pensando non sia rilevante). Così come negli anni 80’ la Brand Personality scardinò i vecchi approcci e modelli di comunicazione esclusivi basati sulle performance di prodotto, oggi il Content Marketing rivoluziona nuovamente il paradigma, andando oltre il ‘canale’ utilizzato e il pensiero comune ‘facciamo una campagna Digital o multichannel, tanto non c’è bisogno di molto budget’. Perché fare content marketing costa. Qualsiasi sia il mezzo (social network, website, evento, guerrilla, POP’, non bisognerebbe dimenticare che noi stessi professionisti siamo utenti, che ogni luogo di comunicazione e ingaggio è luogo di condivisione, di partecipazione non esclusivo della nostra marca. Ogni canale ha regole e netiquette (se online) ben precise, da studiare e rispettare. Il content strategist, conoscendo questi luoghi e il brand, sa cosa può destare interesse e come. Spero vivamente che nel prossimo futuro si dia credito a tali figure, che ci si investa, per dare loro (includo anche noi professionisti della comunicazione in generale) e alle aziende la possibilità di costruire contenuti di valore, che ingaggino l’utente.
Quali sono gli errori da non commettere in comunicazione?
1.Mettere l’IO prima del TU.
Mettere il brand prima dell’utente. Bisognerebbe porsi le domande: ‘Che tipo è il mio utente? Cosa fa tutti i giorni, dove si informa, dove lavora, quanti anni ha?’ prima di comunicare il brand.
2.Non ascoltare
E’ una conseguenza all’errore n°1, non ascoltare il mercato e osservare anche i comportamenti online porta a errori di comunicazione e di ricezione sbagliata del messaggio, molto gravi e difficilmente recuperabili nel breve.
3.Non interagire, commentare, dare risposte
In una campagna di comunicazione, l’interazione è fondamentale. Dalla call to action, al commentare un post con una domanda, al risk management. Il brand è presente, senza aggredire o essere superiore. Questo non piace.
4.Cadere nel volgare o nell’ovvietà
E’ vero, la parola ‘errore’ deriva da ‘errer’ in francese che significa “viaggiare, in qualche modo superare i confini”. Spesso, infatti, si viaggia così tanto che i messaggi e la creatività superano i confini perfino del non-convenzionale e del disruptive, cadendo nel volgare o nell’ovvietà che passano alla fine, inosservati.