Sergio Rodriguez e Enrico Dorizza Group Creative Directors Leo Burnett
Le interviste Mediastars XII Edizione
Sergio Rodriguez e Enrico Dorizza Group Creative Directors Leo Burnett
La comunicazione può fare squadra?
Una buona idea, soprattutto se multimediale, non può che nascere da un lavoro di squadra, premesso che i componenti della squadra siano personaggi che portano valore e non solo parole.
Ricordando le molte vittorie nel campo sportivo dei nostri colori, pensa che si possa verificare una combinazione altrettanto fortunata anche per quanto riguarda il settore della comunicazione italiana rispetto a quella estera?
La comunicazione italiana purtroppo fatica a lavorare con una logica di squadra, come ad esempio sanno fare le agenzie sudamericane o anglosassoni, che creano lobby potenti e impenetrabili nelle giurie dei principali premi internazionali. Il loro lavoro di squadra comincia molto prima del festival, con interscambio di informazioni che fa arrivare ogni giurato consapevole del lavoro svolto dalle altre agenzia in gara. Strategia premiante, come si può vedere su ogni report del settore.
Quest’anno vorremmo puntare l'attenzione sui premi internazionali vinti da agenzie italiane. Come giudica il rapporto tra creatività italiana e creatività estera?
La nostra agenzia è stata una delle più premiate al mondo negli ultimi due anni. Secondo le classifiche più aggiornate della rivista Shots e del Gunn Report, Leo Burnett Milano si colloca tra il 15° e il 19° posto al mondo per numero di premi vinti. Siamo un caso unico in Italia, è vero, ma dimostra che se tutti ni un agenzia remano verso la qualità, i risultati si riescono a raggiungere.
Quale è il suo impegno nella settore della comunicazione, per la formazione collabora con degli istituti universitari? Aderisce a qualche associazione di settore? Le è capitato di fare parte di giurie internazionali?
Siamo tutti e due soci (io e Enrico Dorizza) dell’ADCI. Io sono anche socio dell’Art Directors Club di New York. Entrambi siamo chiamati molto spesso a fare da giurato di premi internazionali, Enrico quest’anno è stato giurato al prestigioso D&AD inglese, io al Meribel, all’ADC New York, al Clio, e a giugno sarò giurato italiano a Cannes, sezione stampa. Tra i nostri impegni vi sono frequenti “lectures” nelle Università italiane: Bocconi, Cattolica, Cà Foscari per citare le principali. Io ho anche tenuto un corso di “Tecniche di Story-telling” per creativi all’interno del mio network.
Quali sono i riconoscimenti internazionali ricevuti dalla vostra agenzia negli ultimi anni?
I riconoscimenti sono numerosi: per citare i principali oro al Festival di Cannes, Grand Prix e oro al Clio Awards, Silver pencil al D&AD, oro al New York Festival, oro all’Art Directors Club europeo, oro al ADC,e il London International Awards.
Crede sia possibile investire concretamente su forme di comunicazione non convenzionale?
Viviamo in un epoca fantastica dove si assiste al proliferare di schermi, da riempire di contenuti. Il telefonino, il web, il cinema, la televisione, le satellitari, i videogiochi, il product placement, i branded short movies, e poi la città come ambiente di espressione creativa, la radio, la stampa, gli eventi, il CRM…oggi si vive la pienezza della creatività in ogni sua forma. Il lavoro del creativo e del cliente moderno deve però diventare molto selettivo per non bombardare lo spettatore di troppa comunicazione, che poi significa zero comunicazione.
Uno dei temi di quest’anno per le nostre interviste riguarda il team di lavoro e la sua composizione. Com’è composto il vostro team?
I team li formiamo a seconda della sfida di comunicazione che ci viene passata. Nel new business ci servono persone col fiuto per l’idea strategica, che capisca il business del cliente, che apra nuove prospettive per la sua marca, ma soprattutto che non lo metta poi in difficoltà di fronte al suo board. Nel day by day, formiamo team in funzione del profilo professionale e caratteriale. A volte servono i dodici cilindri, a volte i diesel. In entrambi i casi va detto che i team più efficaci sono quelli in cui ognuno si senta valorizzato e motivato. E in questo pensiamo di lavorare con team di grande valore, in ogni reparto del nostro gruppo.
In un mercato sempre più competitivo la motivazione e la forza del gruppo possono essere ciò che fa la differenza. Quali possono essere a Vostro giudizio le potenzialità di un buon coaching, dovendo quindi intervenire su team di progetto orizzontali, verticali e anche trasversali?
Bella domanda. Il lavoro del direttore creativo di gruppo è quello di Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”. Un allenatore, uno spogliatoio. La forza dell’esempio personale, dell’integrità, della forza d’animo anche in situazioni critiche, dell’esserci quando l’idea non viene e il tempo stringe, del chiedere il meglio senza mai negoziare sulla qualità, del porre sempre nuovi “benchmark” a colleghi di ogni disciplina che magari si accomodano sugli allori, tutto questo è fondamentale per portare un gruppo verso l’alto. In un epoca di grande pressione finanziaria sul breve termine, il coaching è l’unica arma che abbiamo per tenere la squadra unita, sempre.
Concludiamo con un augurio al mondo della comunicazione…
Divertitevi, divertitevi, divertitevi