Gaetano Grizzanti
Il progetto informazione e i nostri strumenti di comunicazione: Parola o Immagine?
Gaetano Grizzanti Consulente per l’identità di marca e Brand Designer Univisual
In che modo parole e immagini convivono, oggi, nella formulazione di un concetto? Quale di questi due mezzi avrà la meglio in termini comunicativi?
Proviamo a giocare coi termini: se parliamo di “parola immaginata” e “immagine testuale”, penso proprio che i due mezzi abbiano pari peso e siano quindi da porre sullo stesso piano funzionale. La comunicazione visiva mette insieme, per esempio, questi diversi elementi per creare un'azione sinergica congiunta che acquista una potenza all’unisono.
Aggiungerei che, oggi, un corretto bilanciamento e una corretta connessione tra parola e immagine portino alla luce un terzo elemento, altrettanto fondamentale per una comunicazione più efficace: la percezione. Un'immagine la vedo e una parola la leggo, la percezione chiama in causa ciò che sento, in quanto sensazioni, determinando un passaggio a un livello emotivo più profondo.
Quale ruolo sta avendo l’utente nella creazione del messaggio di comunicazione? In un’ottica di interscambio, come l’utente giudica le informazioni che riceve?
Partirei sottolineando come sia fondamentale analizzare in maniera nuova ciò che il termine informazione oggi sottintende, determinandone una visione più ampia. Solo poco tempo fa eravamo abituati a considerarla come un passaggio asettico da un soggetto emittente a un soggetto ricevente. I trend evolutivi che hanno caratterizzato il panorama dei mezzi di informazione negli ultimi anni hanno decisamente modificato questo modo di comunicare. Le aziende nell’ultimo decennio sono entrate nell’era “della relazione”, in cui la messa in gioco del proprio impegno per la cultura del dialogo è diventata fondamentale. Ma già oggi questo non è più sufficiente. Siamo infatti approdati in una nuova fase, incentrata verso un livello evolutivo più alto dell’era della relazione: quella dell'”Interazione”. L'interazione consente al ricevente di diventare emittente, causando un ribaltamento su un ordine che nel passato appariva prestabilito.
A questo aspetto si aggiunge, inoltre, anche l’importanza dell’immediatezza: un’informazione non è tale, oggi, se non avviene in tempo reale; perde valore e il processo di invecchiamento è diventato assai rapido. Con questi presupposti, l'immagine di un brand può cambiare e adattarsi in funzione del ritorno dell'informazione veicolata ai propri utenti. L'informazione che torna indietro non è più quella partita dall'emittente-azienda, ma spesso è una riedizione a cura dell’utente/soggetto ricevente. Per esempio, un rischio è quello di andare a incidere negativamente sull'immaginario collettivo, con un forte risultato discriminante per i brand. Pertanto, in queste circostanze, riuscire a essere chiari e trasparenti -nel senso etico del termine- può divenire vincente per consentire agli utenti un modo di orientarsi meglio nelle proprie scelte su prodotti o marche.
La maggior parte delle aziende, però, spesso risultano essere impreparate a seguire queste nuove direttive. Non sanno ancora concretamente come muoversi e non sono reattive verso questo nuovo scenario. Per esempio, in passato era certamente più semplice interrompere relazioni poco gradite e non considerare le critiche, limitando quindi il campo della comunicazione diretta ad alcuni utenti. Oggi il flusso delle informazioni non è più controllabile e se non si è in grado di reagire il rischio che ne deriva è la perdita di un’identità chiara e autorevole.
La vera rivoluzione risiede, quindi, nella gestione di un messaggio non controllabile, con l’obiettivo di offrire un arricchimento continuo al brand. Mi riferisco, tra i vari aspetti, all’importanza della componente “experience” di una marca.
Sottolineo, infine, la considerazione del fatto che una marca risiede nell'immaginario di ognuno di noi e che i consumatori desiderano essere considerati come persone, che pretendono di interloquire con il brand. Un'azienda presidia un territorio geografico, la marca invece si trova a presidiarne uno mentale. Il brand può quindi oggi vivere a pieno questo rivoluzionario scenario dell'interazione e lo può fare anche, per aggiungere altra carne al fuoco, sui social-media, perché seppur virtuale sia il mezzo, reali sono gli individui che lo animano.
Come si pone rispetto a questi sviluppi il lavoro degli uomini di comunicazione che devono trovare un nuovo linguaggio, sintetico, che non sia percepito come "logoro" e che possa incuriosire e attrarre le nuove generazioni? Quanto può incidere uno slogan a rendere unico l’oggetto del messaggio?
Lavorando correttamente sul marchio, sulla sua identità a livello strategico, l'obiettivo oggi deve essere quello di creare non solo un segno, ma un dispositivo di comunicazione consapevole dei propri obiettivi. La sua componente testuale ha un‘importanza notevole per trasmettere un'emozione e un messaggio che, di fronte agli utenti, veicoli una buona parte della personalità di un brand. All'interno dello scenario evolutivo della marca ci sono sempre stati casi in cui grazie alla componente verbale, con poche parole, alcuni brand sono riusciti a rappresentare un intero mondo evocativo.
Nello storytelling, quanto concorre a comunicare efficacemente un messaggio, il raccontare un concetto con un’immagine di forte impatto emotivo? L’immagine, icona-simbolo, può avere in sé la proprietà evocatrice di una certa marca e diventare portatrice di valori che questa desidera rappresentare?
Nel progettare un marchio lo sviluppo di un elemento iconografico che possa distinguersi nel terzo millennio non è compito facile. Oggi un logo non può essere solo un segno grafico, ma deve operare su una sfera molto più emotiva. Oggi un’icona deve essere come un ideogramma globale, parte integrante dell’alfabeto di una marca, in grado di giungere al cuore del lettore.
Cosa si augura per il futuro della Comunicazione?
Da una parte che i brand, sempre di più, considerino l'individuo anche sotto la sfera sociale e non solo commerciale, lavorando in maniera coerente per trasmettere fiducia. Dall’altra che il design di marca possa progredire dal punto di vista della cultura progettuale.