Stefano Aquilante
Il progetto informazione e i nostri strumenti di comunicazione: Parola o Immagine?
Stefano Aquilante Direttore Creativo Adv Activa advertising
Come parole e immagini convivono oggi nella formulazione di un concetto?
Quale di questi strumenti avrà la meglio in termini comunicativi?
Immagini e parole sono protagonisti di una libera convivenza. Come una coppia aperta vivono intimità tra loro, ma lasciano spazio anche ad altre esperienze. La sinergia titolo-visual sta al rapporto di coppia. Ma, per contro la parola di un io narrante evoca emozioni anche senza immagini. Così come una libera sequenza di immagini senza parole può raccontare una storia.
Quale ruolo sta avendo l’utente nella creazione del messaggio pubblicitario?
In un’ottica di interscambio, come l’utente giudica le informazioni che riceve?
L‘utente si è evoluto, emancipato, frammentato e poi riunito in una community. A quanto pare ne ha fatte di tutti i colori. Ma, alla fine, l’utente è sempre una persona in grado di esercitare spirito critico verso ciò che vede. E premia l’intelligenza, la coerenza, lo spirito di un messaggio pubblicitario. L’interscambio è un gioco sottile in cui il messaggio dato all’utente è il messaggio che l’utente sente come affine. Tanto quanto i programmi televisivi sono la risposta ad una domanda di contenuti vicini ai gusti e agli ideali degli utenti.
Come si pone rispetto a questi sviluppi il lavoro degli uomini di comunicazione che devono trovare un nuovo linguaggio sintetico che non sia percepito come "logoro" e possa incuriosire e attrarre le nuove generazioni? Quanto può incidere uno slogan a rendere unico l’oggetto del messaggio?
You tube, i viral, il guerrilla marketing, i social network sono fenomeni che sostanziano i cambiamenti del linguaggio. Ma che ne esemplificano anche la loro labilità. Funzionano finché sono nuovi, intelligenti, di nicchia. Finché rispecchiano l’ideale di modernità e di unicità che tutti, e soprattutto i giovani, coviamo in noi stessi. Lo slogan, tanto bistrattato come esempio di “pubblicità vecchio stampo”, è in realtà un’ Araba Fenice che rinasce perennemente in tutti i modi e i media. Anche se spesso non ce ne accorgiamo perché è quasi nascosto tra le pieghe del messaggio.
Nello storytelling, quanto concorre a comunicare efficacemente un messaggio il raccontare un concetto con un’ immagine di forte impatto emotivo?
Penso ai primi video musicali, esempio di grande cultura dell’immagine che comunicavano senza raccontare una vera e propria storia. Tempo dopo tempo la gente ne ha sentito la mancanza. Un inizio, uno svolgimento, una fine. E’ la regola che dalla letteratura greca ai giorni nostri ha dato il pathos, l’impatto emotivo.
L’immagine, icona-simbolo, può avere in sé la proprietà evocatrice di una certa marca e diventare portatrice dei valori che questa desidera rappresentare?
Lo è quando una marca guarda al lungo termine e capitalizza il simbolo. Se lo “spende” in pubblicità senza cambiare l’icona, lo stile, l’approccio che la identifica. Alcune marche invece cambiano format, stile di comunicazione, creatività in modo schizofrenico. E disperdono la propria icona, facendola sparire dalla comunicazione. E’ come se il cammello della Camel uscisse dal pacchetto di sigarette e lasciasse solo l’immagine del deserto.