Elena Ghiretti
Storytelling: l'Arte di raccontare storie in Comunicazione
Elena Ghiretti brand strategist and trend forecaster
Come utilizzare oggi in modo innovativo lo storytelling a partire dai suoi elementi costitutivi?
La distinzione tradizionale tra above e below the line si è sgretolata già da tempo grazie alla convivenza tra vecchi e nuovi media. La ‘réclame’ non ha più il potere seduttivo unidirezionale della stagione d’oro dell’advertising alla Mad Men (sarà per questo che siamo stregati da questa serie rétro magistralmente scritta e prodotta? Nostalgia di un mondo più semplice, con confini netti, in cui elementi, ruoli e funzioni erano chiari tra i professionisti della comunicazione? Il Copy, l’Art, l’Account Manager, il Cliente, il Prodotto, il Brand, i Competitors, il Consumatore…tutto chiaro, no?).
Oggi siamo immersi nella teorizzata realtà liquida, il consumatore è schizofrenico e imprevedibile (è la fine delle ricerche di mercato? I sondaggisti potevano prevedere i risultati delle ultime elezioni europee?), i competitors sfumano ed esplodono cross-category, i canali sono diventati multi-channel, tutti ci occupiamo in fondo di branding diffuso, chi fa packaging ha lo stesso potenziale di raggiungere cuore e mente del consumatore di chi si occupa di retail design o di attivazione social.
Che cosa è rimasto immutato in questo cambio di paradigma?
Le storie. I consumatori sono esseri umani e gli esseri umani amano le storie.
Per questo lo storytelling, l’arte della narrazione, è ciò che può tenere insieme tutti i pezzi di un sistema in mutazione. Non esiste un ‘modo innovativo’ di usare lo storytelling, perché lo storytelling in fondo è qualcosa di antico e archetipico.
Esistono storie – di prodotto, di marca – da narrare oggi attraverso canali e linguaggi nuovi, multeplici e sinergici.
Oltre alla qualità e verità della storia – la sua aderenza e coerenza con la cultura di marca e di impresa, la sua capacità di rinnovarsi se necessario senza diluirsi o perdersi - ciò che conta nel nuovo scenario è la regia transmedia mantenuta nel tempo.
Se lo storytelling è anche strumento per gestire al meglio la comunicazione, quali sono gli ingredienti per creare un brand di successo e quali le strategie per mantenerne alta la reputazione?
Nel caso di brand esistenti e di successo la storia – che ha già dimostrato la sua forza ed efficacia – deve poter essere aggiornata in modo da continuare a intercettare l’air du temps (ovvero il gusto e il sentimento della società in divenire) e declinata transmedia.
La regia di cui sopra è il fulcro strategico che tiene insieme le expertise specialistiche di canali e linguaggi diversi. La regia può essere interna all’impresa e incarnata dall’imprenditore (l’Oscar Farinetti o il Giorgio Armani della situazione, famosi per il controllo di ogni punto di contatto tra il proprio business e il mercato, tra il brand e i suoi pubblici), e/o dal responsabile del marketing strategico, oppure può essere gestita insieme/da un partner strategico, per esempio un’agenzia di comunicazione integrata che abbia una visione d’insieme e che garantisca l’efficacia nel tempo del branding diffuso.
Nel caso di brand in nascere o da rilanciare/resuscitare il punto chiave è comprendere il cambiamento sociale, individuare un’idea, un concetto, e dunque una storia forte e unica che possa parlare alle persone, colpirne l’immaginario, conquistarle, colmare un gap emozionale o funzionale, e poi declinarla in un sistema altrettanto forte e unico attraverso – di nuovo – una regia transmedia.
In entrambi i casi la visione di medio-lungo periodo è ingrediente fondamentale. Le aziende, soprattutto in un periodo di crisi strutturale come quello attuale, tendono ad accentuare uno sguardo sales-oriented, a farsi governare da un approccio commerciale di brevissimo periodo, ossessionate dall’email serale sul BlackBerry contenente i risultati di vendita della giornata.
Storytelling, cultura di marca, regia transmedia vanno nella direzione opposta, mantengono l’impresa inserita nella big picture, definiscono guidelines strategiche e la proiettano verso il futuro tenendo lo sguardo lungo.
Quali diventeranno in un prossimo futuro le qualità più richieste ai professionisti? Come il cambiamento del mondo della comunicazione ci può guidare a nuove vie?
La capacità di visione strategica d’insieme, l’helicopter view, sarà sempre più premiante per i professionisti della comunicazione – intesa a 360° come branding diffuso – proprio per contrastare il rischio di pratiche basate sul breve periodo sales-oriented.
La regia transmedia, se affidata dall’azienda a un partner strategico esterno, richiede sia visione d’insieme sia la capacità di coordinare i know-how specialistici e tecnici dei vari canali, media, linguaggi.
Infine, per sopravvivere nella realtà liquida, dovremo diventare noi stessi sempre più liquidi: non ancorarci a teorie rassicuranti passate, mettere e metterci in discussione costruttiva, non dare nulla per scontato, cambiare insieme al cambiamento. Anzi: anticiparlo.