Stefano Piotto
Storytelling: l'Arte di raccontare storie in Comunicazione
Stefano Piotto, consulente web marketing freelance e responsabile sem/social per calciomercato.com
Come alcuni grandi personaggi della comunicazione come Pirella o Testa hanno segnato la loro epoca con lo storytelling?
Seppero guardare con occhio attento entrambi i lati della medaglia: il valore da trasmettere ed il pubblico che doveva accoglierlo. Solo attraverso questa duplice visione i loro più celebri spot sono riusciti ad aggiungere un bonus di valore alle marche di cui hanno curato la comunicazione. E' questo il loro capolavoro: Carmencita è Lavazza, ma anche qualcosa di più e proprio per questo la saga del Caballero regala una luce supplementare al brand, tanto da conferire il nome a una nuova caffettiera.
Poche agenzie riescono a lavorare così oggi: troppo spesso, con la scusa della rivoluzione social e del permission marketing, ci si sbilancia dalla parte del pubblico, relegando la marca ad elemento collaterale. E' questa una delle principali cause dell'appiattimento presente in molte pubblicità on e off line. Credo che, al di là della indubbia differenza tra tv di quegli anni e il web odierno, non bisogna mai perdere di vista il valore insito nel brand: occorre sempre scavare dentro il marchio per comprendere il nucleo valoriale. Oggi molte agenzie si fermano prima, non fanno nemmeno lo sforzo di comprendere il brand e propongono soluzioni standard. Altre volte, purtroppo, la creatività "social" fa un vanto della sua superficialità ma in realtà per raccontare una storia, divertente o triste che sia, bisogna essere profondi: Testa e Pirella lo furono, nel rispetto del pubblico ma anche della marca.
Come fare per mantenere alta la reputazione del brand?
In questo versante sono sempre schietto: ascolto, dialogo e sincerità. Su questi punti occorre lavorare molto con le aziende, poco abituate all'interazione a distanza col cliente e spesso arroccate sulle ragioni di difesa del marchio e delle vendite. Di solito parto col dire che solo perché un brand esiste ed ha una certa fama, è normale che ci sia chi ne parli bene e chi ne parli male. Fare superare all'azienda il blocco di "paura" del cliente insoddisfatto è un passo preliminare e imprescindibile.
Se il cliente è scontento, bisogna trovare il modo di renderlo felice, ascoltando le sue esigenze. L'ingegnerizzazione della reputazione on line, non deve fare dimenticare quello che spinge i clienti a lasciare segno di sé sul web: l'emozione o la rabbia davanti a un prodotto o un servizio acquistato e, a loro dire, non all'altezza delle aspettative. Parlo di web perché è un vertice imprescindibile nella reputazione, un grande archivio dove le opinioni restano a disposizione di tutti e generano nuove conversazioni. La grande scommessa delle aziende sarà proprio dialogare faccia a faccia col cliente, in una gerarchia molto più orizzontale di quella che c'era prima del web. In questo senso credo poco agli influencer, che sono solo un nuovo media che si intromette tra azienda e cliente.
Per sincerità, infine, si intende prima di tutto ammettere i pregi e i limiti della propria offerta: sincerità verso se stessi, quindi, e poi verso gli altri. E' un gioco etico, ma è tutto quello che serve per mantenere alta la reputazione del brand e migliorarla nel tempo. Se conosco il mio prodotto e sono capace di andare oltre alla percezione interna che ho di esso, so come e quando devo difenderlo da critiche dovute ad errata interpretazione e quando invece devo fare tesoro di giudizi dovuti a limiti reali della mia offerta.
Quali sono oggi le parole chiave del mondo della comunicazione e come ci possono guidare a esplorare nuove vie?
Ci si riempie troppo spesso la bocca con parole chiave solo per stare dietro alle mode. Certamente ci sono concetti chiave dai quali non si può prescindere. Dalla modalità social non si torna indietro, sarà quindi essenziale essere disponibili ad un dialogo a più voci. Da qui alle visioni di assoluta partecipazione e co-creazione del web 3.0, passa un abisso. Il "noi parliamo" richiederà sempre una codifica, un filtro, per divenire comprensibile. "Partecipazione" resta comunque una parola chiave importante.
Un'altra è "personalizzazione": il mondo diventa sempre più complesso da tenere sotto controllo. Se a livello macroscopico si parla ancora di globalizzazione, a livello individuale la personalizzazione è fondamentale per non perdersi. Comunicare in maniera personalizzata è la nuova scommessa, riuscire a farlo senza ledere la privacy è la battaglia più difficile che la comunicazione pubblicitaria dovrà affrontare.