Maurizio Badiani
Direttore Creativo Expansion
Maurizio Badiani - Direttore Creativo Expansion
Ci descriva la vostra agenzia...
Siamo come uno di quei piccoli Hotel de Charme dove ad ogni dettaglio è data la massima cura. Se un cliente approda da noi non vedrà solo un bel panorama (le nostre campagne) ma godrà di servizi efficienti e di mille attenzioni. Una delle cose che ci rende diversi è sicuramente il nostro valore di insieme: uniamo il dinamismo tipico di una struttura agile con una somma di professionalità che un tempo erano appannaggio solo delle grandi agenzie internazionali. E’ quello il mio mondo di provenienza, da lì provengono il nostro head of art e il direttore clienti della sede di Milano. Anche questo ci consente di misurarci alla pari - come è successo più volte - con agenzie molto più grandi e blasonate di noi. E magari risultare vincenti, come è ci accaduto anche di recente: tra le ultime gare vinte quella per la Presidenza del Consiglio per la divulgazione del cambiamento del regime delle pensioni. Altre acquisizioni di questi giorni: Kickers e Sultanino, marchi tra i più noti della Società Italiana Calzature, e Comeca porte e finestre. Anche la tipologia dei nostri clienti segnala una nostra peculiarità: l'expertise che l'agenzia ha acquisito nel tempo su due fronti apparentemente antitetici, quello del mass market (Iper, Pizzoli, ecc) e quello dei prodotti ad alto valore aggiunto (Marzotto, Marriott Vacation Club, ecc). Una range che denota duttilità e capacità di utilizzare con successo approcci e toni di voci diversi.
Per quanto riguarda invece i vostri riconoscimenti di quest’anno?
I premi che abbiamo ricevuto sono parecchi: ciò ovviamente mi fa molto piacere ma, insieme, mi rende più difficile estrapolare un fil rouge che li colleghi. Abbiamo avuto una nomination per l'affissione di Iper, cinque premi di I° Classificato per il Packaging e ben sette Special Star per lavori diversi. Una prima considerazione: è il terzo anno consecutivo che la nostra agenzia riceve una Special Star per il copy. Ciò dimostra che, pur nell'epoca delle immagini, continuiamo ad avere una spiccata vocazione per la comunicazione scritta: nessun bell'annuncio sarà mai tale senza l'apporto di un titolo intelligente. Gli altri premi vengono dal packaging, dove abbiamo avuto la soddisfazione di battere strutture specializzate di provata capacità, e dal Digital Imaging (Iper, SGR Servizi) dimostrando a quale livello di accuratezza e di rifinitura amiamo portare l'idea creativa. Infine un'ultima nota: molti premi che abbiamo ricevuto sono per lavori fatti per "piccoli clienti", a dimostrazione che non distribuiamo le nostre capacità e le nostre risorse sulla base dell'entità dei budget che ci vengono affidati. Per noi tutti i clienti sono uguali: a tutti dedichiamo le stesse cure e le stesse attenzioni.
Parliamo di Creatività...
La creatività è una variabile non influenzata dal tempo, condizionata solo dalla sua funzione. E' fine a se stessa per un artista, mirata alla costruzione di un marchio o alla vendita di un prodotto se è quella applicata alla pubblicità. Era così quando l'advertising si chiamava reclame, è così ancora oggi. Certo le nuove tecnologie (computer, internet, ecc) condizionano il processo creativo: ma non sempre positivamente. La maggior parte dei giovani creativi, ricevuto un brief, si pone il problema di come confezionare il layout della proposta prima ancora di aver partorito l'idea che quella "confezione" dovrà contenere. La tecnologia, dico sempre ai mie ragazzi, è solo un mezzo al servizio dell'idea che dovete avere in testa. Mi è capitato, anche di recente, di lavorare con dei creativi inglesi: quello che mi hanno sottoposto sono stati decine di annunci schizzati velocemente su dei pezzi di carta. Ogni annuncio conteneva un bel titolo e una bell'idea. Nessuno di loro si è preoccupato della forma. E' una questione di approccio e anche di scuola. Quelle del nostro paese rappresentano un panorama estremamente variegato, ma raramente raggiungono livelli di eccellenza. Vi siete mai chiesti perché il nostro gioco del calcio è così buono e non lo è altrettanto la nostra pubblicità? Perché il calcio gode di un circuito virtuoso di formazione: scuole di oratorio, di quartiere ecc, su su fino alle "accademie" delle grandissime squadre. Magari non si arriva a vincere i mondiali: di certo si arriva ad esprimere costantemente un calcio di straordinaria qualità. Tanto è virtuoso il circuito di formazione del nostro calcio, tanto è vizioso e approssimativo quello che caratterizza la nostra pubblicità.
Il suo pensiero a proposito della Formazione....
Raramente i migliori professionisti possono dedicarsi all'insegnamento: ancor più raramente possono farlo dedicandogli il tempo che sarebbe necessario. Le scuole, spesso, sono "staccate" dalla realtà del mondo produttivo e come conseguenza l'inserimento dell'allievo nel contesto operativo dell'agenzia risulta il più delle volte abbastanza traumatico. La crisi dal canto suo non agevola il processo: le grandi agenzie hanno investito poco sulla formazione ai tempi delle vacche grasse. Ora che sono magre non hanno nessuno spazio né budget da dedicare alla formazione di quelli che saranno i nuovi talenti di domani. Si limitano ad attingere agli stagisti che provengono dalle scuole confidando nel proprio intuito e in una buona dose di fortuna. Questo proprio mentre il nostro lavoro si fa più difficile e alle poche certezze di ieri si sostituiscono le molte incertezze per il domani.
Come le nuove tecnologie potranno influenzare il futuro del mondo della comunicazione?
E' un fatto che la comunicazione - non parlo neppure più di pubblicità - non è più quella di una volta: sfumata la separazione dei classici ruoli (account, creativi, ecc), si è entrati nell'era dell'eclettismo dove prevale il lavoro di squadra. I "guru" sono stati piantati dalle specializzazioni. Sono nate nuove figure, fino ad ieri ignote o neglette: web master, web designer, planner. Si parla di "experiential marketing". Alcune agenzie di pubblicità sono arrivate a definirsi "Company Ideas". I consumatori sono meno passivi e si sono fatti così critici che qualche esegeta è arrivato a parlare di "comunicazione sostenibile". Non ho ricette miracolose per il domani del nostro piccolo mondo. Quel che so è che dovremo fare appello, molto più di ieri, ad apporti interdisciplinari e saper intervenire sui processi di comunicazione con una sensibilità "stra-ordinaria" che ci permetta di rendere complici i target che da soggetti passivi diventano sempre più protagonisti attivi dei loro destini e delle loro scelte. Quello che abbiamo davanti con le sue incognite è un mondo nuovo: stiamo uscendo dall'epoca del "comunicare a..." per entrare in quella del "comunicare con...".
Quale il futuro del nostro settore?
Delineare un pronostico per il mondo della comunicazione. Compito troppo impegnativo per non cedere alla tentazione di risolverlo in una battuta. "Meglio non fare mai previsioni. Specialmente se riguardano il futuro". Lo diceva Mark Twain. E lo sottoscrivo.