Silvia Vergani
Consumer Playmaker: Nella delicata fase d’arrivo presso l’audience di riferimento, quali sono le condizioni che regolano la buona ricezione del messaggio?
Silvia Vergani
Responsabile di B-Story, Consulente di comunicazione e marketing
All’interno di un mercato sempre più esigente e competitivo, l’elemento cardine per le aziende resta la reputazione, attraverso la quale sono quotidianamente sotto esame da parte dei consumatori. La sostenibilità può aggiungere personalità al brand, suscitando un interesse più marcato nelle nuove generazioni?
Mettere la sostenibilità al centro della narrazione di un’azienda o un marchio è una scelta molto efficace per avvicinarsi ai consumatori, soprattutto se consideriamo il segmento dei Millennials che è particolarmente sensibile a questi temi. Ci sono molti casi di successo nel settore agro-alimentare e nel largo consumo, dove tanti brand riescono a comunicare bene la sostenibilità dei prodotti (la scelta degli ingredienti, la riciclabilità delle confezioni, la sicurezza, solo per citare qualche esempio) e l’etica che guida le loro decisioni nei vari ambiti, dalle risorse umane alle relazioni con il mercato. Altri settori, come la moda e il lusso, si sono invece mossi in leggero ritardo e solo in tempi recenti hanno cominciato a raccontare l’impegno per una filiera più equa, la riduzione dell’impatto ambientale o degli sprechi.
Dobbiamo comunque ricordare che le persone, nonostante viviamo nell’epoca delle fake news con tutti i relativi allarmismi, stanno imparando a distinguere tra le aziende che si spendono in modo autentico e significativo sui temi della sostenibilità ambientale e sociale, e quelle che dichiarano di farlo soltanto per una questione di immagine. Il legame tra reputazione e sostenibilità è quindi molto delicato: il greenwashing è un errore oggi imperdonabile, che potrebbe distruggere per sempre il patto di fiducia con i consumatori.
La sostenibilità è un tema chiave anche nelle interazioni con i clienti industriali, che cercano partner e soluzioni per migliorare a loro volta le performance ambientali o energetiche. È il caso di alcune aziende che collaborano con B-Story, la cui comunicazione B2B è incentrata proprio sulla capacità di proporre prodotti o tecnologie in grado di ridurre i consumi energetici e idrici, le emissioni o i rifiuti. Anche in questo caso la chiave del successo è fondare la narrazione su elementi concreti e verificabili, che aggiungano valore e rafforzino la reputazione dell’impresa.
Non sempre gli utenti sono pronti a una scelta etica che privilegi una marca. Le decisioni d’acquisto sono influenzate da molti elementi, tra cui banalmente il prezzo, che per certe categorie merceologiche e alcune fasce di popolazione restano più forti delle convinzioni etiche. Diverse ricerche vedono però in rapida crescita i consumatori attenti al cosiddetto ‘risparmio di qualità’, cioè coloro che privilegiano la qualità e la marca, ma sono attirati anche dalla possibilità di risparmiare se non sullo scontrino, almeno in fase d’uso. Sono ad esempio le persone che pianificano gli acquisti per approfittare della promozione del prodotto preferito, oppure scelgono la frutta a chilometro zero nella convinzione che abbia un costo inferiore, oppure sono disposti a spendere qualcosa in più per il detersivo se è in grado di lavare bene anche a basse temperature o con un ciclo breve.
In generale, come sottolineava recentemente il sociologo Francesco Morace, oggi le persone cercano in un marchio la qualità autentica, il prezzo onesto e la capacità di condivisione. È su questi elementi che l’azienda sostenibile dovrebbe agire per costruire il proprio posizionamento e rinnovare la relazioni con i suoi interlocutori esterni e interni.