Roberto Cortopassi
Advertising-men in grandi aziende, promotore e presidente dell'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, è uno dei "grandi personaggi" della pubblicità italiana.
Roberto Cortopassi è entrato nell'albo virtuale dei "grandi personaggi" della pubblicità italiana per più titoli conquistati sul campo. A cominciare dall'attività di esperto in comunicazione d'impresa, cui ha affiancato un'intensa attività associativa che l'ha visto protagonista nelle associazioni dei Professionisti Pubblicitari TP, delle imprese Utenti della pubblicità-UPA, della Confederazione della Pubblicità e di Pubblicità-Progresso.
Dell'Autodisciplina Pubblicitaria, della quale non ama essere definito fondatore, ma al più, come è stato scritto, trattandosi di un'opera collettiva, egli " ha il merito di essere più padre di tanti". E ciò a partire dal 1963 quando, nel 7° congresso della Pubblicità, presentò una relazione-proposta che nel tempo sarebbe diventata quasi un testo di filosofia pubblicitaria. Questo documento, discusso ed approvato da tutti i settori interessati, inclusi i mezzi di informazione, doveva dar vita ad un codice unitario dell'Autodisciplina Pubblicitaria e a un organismo privato ed autonomo, fornendo una solida base all'etica degli operatori pubblicitari. La mission dell'autodisciplina pubblicitaria é infatti quella di perseguire la pubblicità " onesta, veritiera e corretta " attraverso una diretta assunzione di responsabilità di tutti gli operatori, chiamati a collaborare sin dalla elaborazione delle regole da osservare e quindi già per questo resi sensibili a realizzare e diffondere soltanto messaggi in linea con le norme stabilite. In questo ampio concetto di prevenzione rientra anche la facoltà di cautelarsi chiedendo ad un apposito Comitato dell'Istituto un parere su messaggi non ancora diffusi. Col che si crea un momento di incontro prezioso per alimentare una comune cultura autodisciplinare. Si allontana così il rischio che una pubblicità non in armonia col codice settoriale venga bocciata al suo primo apparire, con gravi danni commerciali e di immagine.
Roberto Cortopassi, dunque, è stato l'uomo che, con grande lungimiranza e assoluta fermezza, si è impegnato a indurre i soggetti del campo pubblicitario, dei mezzi di informazione e loro concessionari ad un accordo, in pari tempo, personale e collettivo, per la tutela del cittadino-consumatore, delle aziende corrette, dello stesso strumento pubblicitario e del suo ruolo di sviluppo economico e sociale. In tal modo il sistema autodisciplinare ha saputo dar vita a una istituzione indipendente, a norme e istituti in continuo aggiornamento, a interventi rapidi e a validi giudizi. Il tutto in un processo complessivo che ha rappresentato il vero fulcro della fiducia tanto degli operatori del settore quanto del pubblico che alimenta le possibilità di intervento con un crescendo di segnalazioni all'Istituto.
"Questo della fiducia - ci confida Cortopassi - è il punto nodale di tutta la mia esistenza . Nei rapporti personali, così come negli impegni di lavoro, ho sempre tenuto moltissimo a creare un'atmosfera di intensa fiducia, disposto a sacrificarmi per ottenerla. Questo principio ha in me basi direi quasi genetiche : figlio di un maresciallo dei Carabinieri, ho vissuto in caserma infanzia e adolescenza con negli occhi la fiamma dorata sul berretto di mio padre, simbolo di fedeltà e impegno militare e civile, del quale egli forniva quotidiana testimonianza. Da ciò mi è derivata una sorta d'imprinting, tale da attenuare di molto ogni eventuale mio merito di dedizione e fedeltà: per le quali, peraltro, ho sempre pagato puntualmente la mia doverosa contropartita". L'autodisciplina Pubblicitaria è, per eccellenza, una entità che vive sulla fiducia: delle molte migliaia di operatori e di aziende che aderiscono al sistema, del centinaio di persone e personaggi che, in buona parte volontaristicamente, animano i suoi organismi: dai membri del consiglio direttivo, della Commissione di studio, a quelli del Giurì e del Comitato di controllo. Ne consegue che alle pronunce che gli organi giudicanti esprimono l'adesione, pur in assenza dei classici mezzi coercitivi, è pressoché totalitaria perché tutti regolarmente si attengono alle loro decisioni: ed anche il pubblico vi partecipa, come dimostrano le tante segnalazioni. Del resto è una fiducia meritata, come attestano, ad esempio, pubbliche dichiarazioni di un prestigioso magistrato: "Nella mia esperienza più che decennale presso il Giurì non è mai accaduto, dico mai, che la serenità dei giudicanti sia stata turbata da interferenze, pressioni o raccomandazioni, quale che fosse la potenza economica o politica dei soggetti giudicabili. Mai una volta c'è stata una telefonata, una segnalazione, un biglietto, una mezza parola, E questo credo sia molto importante come manifestazione di lealtà del mondo della pubblicità, che, evidentemente, si riconosce in queste istituzioni liberamente volute."
Ma la fiducia non è un bene che si conquista facilmente né una volta per tutte. Una conferma la si può riscontrare già nella fase iniziale del sistema autodisciplinare. L'attività ha inizio nel maggio 1966, con un collegio giudicante formato in maggioranza - com'è d'uso anche nei sistemi analoghi di altri Paesi - da qualificati esponenti del mondo pubblicitario, sia pure sotto la presidenza di un prestigioso magistrato: il dr. Manlio Borrelli, già presidente della Corte d'Appello di Milano. Ma l'avvio non fu entusiasmante: nel primo decennio si ebbe una media annua di soli 15 casi giudicati, con esiti non sempre felici, specie per le resistenze a piegarsi al dispositivo delle pronunce. Fu così che nel 1975 si pose mano a una incisiva riforma: tutti i membri del Giurì dovevano essere esperti esterni al mondo della pubblicità. Questa decisione valse a far crescere rapidamente la fiducia in tutti gli interessati, tanto che nel decennio seguente la media annua dei casi salì a 75 e in quello successivo a 340. Ora, comprendendo i nuovi servizi resi a utenti e agenzie, si è a livello di 800 casi all'anno. Ciò malgrado una crescente attività nel campo della pubblicità ingannevole, da parte dell'autorità garante del Mercato.
"Non esiste - afferma con legittimo orgoglio Cortopassi - una giustizia rapida ed efficace come la nostra". In effetti, i casi più semplici vengono risolti entro una settimana con il consenso degli interessati; l'ingiunzione di desistenza del Comitato nei confronti di pubblicità manifestatamente contraria al codice, stabilisce il blocco della stessa allo scadere del decimo giorno ( 80% dei casi) in assenza di una opposizione motivata. Lo stesso intervento del Giurì, con preventivo scambio di memorie tra le parti, loro convocazione avanti il collegio giudicante, dibattimento e decisione in camera di consiglio, si conclude in media entro un mese, con pronuncia definitiva e non impugnabile. La tempestività di intervento e di definizione è un fattore fondamentale per la comunicazione.
"Oggi certa creatività pubblicitaria punta sulla trasgressione, libera e lecita nelle classiche forme di espressione del pensiero, ma non così nella nostra comunicazione che ha come obiettivo quello di promuovere prodotti e servizi: il che fa, per sua natura, in modo spesso invadente e pervasivo, senza un'adeguata selezione dei destinatari. Per questo non deve oltrepassare i limiti responsabilmente fissati ( in tutti i Paesi avanzati) dagli stessi operatori del settore con l'apposito Codice. Ad esempio, in fatto di violenza, volgarità, indecenza, di mancato rispetto delle convinzioni morali, civili, religiose, nonché della dignità della persona. Ed anche in materia di salute e sicurezza con riguardo particolare per bambini, adolescenti e per le categorie " deboli ". In sostanza, occorre tenere presenti i valori umani e non ferire la sensibilità delle persone. Solo così questo utile strumento può svolgere la sua funzione economica, diffondendo allo stesso tempo, informazione, trattenimento, simpatia e piacevolezza."
Da queste parole ben si comprende come la pubblicità sia stata ed è importante nella vita di Cortopassi. Ma - chiediamo - come è incominciato questo idillio durato tutta una vita?
"E' stato un incontro casuale. A vent'anni, per recuperare due anni di Università, persi a causa della guerra, ero impegnatissimo nei miei studi di giurisprudenza, alla conquista di una laurea con la quale immaginavo di intraprendere una carriera nell'Arma dei Carabinieri o in Magistratura. Barricato, per questo, in casa, non poteri tuttavia evitare un giorno la presenza, decisa da mia madre, di due imbianchini chiamati a rinfrescare le pareti. Furono loro a parlarmi della " pubblicità" come di un'attività interessante e redditizia.... In verità, essi alternavano il loro mestiere con l'installazione di cartelli in città e autostrade. Ma la vera folgorazione la ebbi qualche tempo dopo, nel '46, quando, ritornando dall'Università soddisfatto per un esame andato bene, feci uno strappo alla mia clausura di studio con un passaggio in Galleria. Fu lì che mi imbattei in un libro di grande formato al centro di una vetrina: Dino Villani " La pubblicità e i suoi segreti". Entrai, lo sfogliai e lo acquistai, scoprendovi subito un mondo nuovo, avvincente, interessantissimo. Tenni quel libro per anni ( lo possiedo tuttora) come una specie di breviario e quando, dopo la scomparsa del grande Dino, fui invitato a ricordarne la figura e l'opera, lo feci puntando in particolare sulla dimostrazione che le espressioni in inglese adottate in pubblicità e nel marketing trovano puntuale riscontro in tecniche e concetti adottati e sperimentati 50 anni prima da Villani. Ma allora, e gli imbianchini ? Intanto non sono sicuro che senza la loro anticipazione sarei stato ugualmente attratto da quel libro. Mentre una cosa so per certo: quando incominciai ad avere un po' più di tempo, li affiancai nel loro lavoro, arrivando a costituire una mini società di servizi ( Publistar) per la cartellonistica. Quanto bastò a rendermi rapidamente esperto nel settore. Per cui quando incominciò a saturarsi la mia curiosità ed ebbi ad imbattermi nell'inserzione di una " importante società" che cercava persona pratica di pubblicità esterna, risposi ed ebbi la fortuna di entrare nella grande Motta di allora. Vi lavorai con grande passione per sei anni, diventando Direttore della pubblicità, ma imparando molto anche in materia di " marketing", del quale allora si ignorava persino la parola. Ma vi era stata in azienda una precedente presenza di Dino Villani che si era sommata all'entusiasmo innovatore dell'amministratore delegato Alberto Ferrante; mentre sul piano della produzione era ancora viva la genialità di Angelo Motta.
Poi vi fu un allettamento esterno, cui finii con l'aderire per poter allargare le mie esperienze ad altro settore merceologico. Il che mi portò a coprire un analogo ruolo nell'ambito di società di un intraprendente imprenditore, Giovanni Mastracchi Manes, molto bene introdotto nel campo dei dentifrici - Chlorodont e poi anche Durban's, cui si affiancavano numerose altre marche per l'igiene personale e la cosmesi. Nel '64 l'intero complesso - ed io con lui - venne acquistato da Anna Bonomi Bolchini, prorompente personaggio della finanza milanese, che vi aggiunse altri noti prodotti costituendo una nuova società, la 3C, affidata alla direzione del figlio Carlo. A me rimase la responsabilità della comunicazione e del marketing, con la carica di vice direttore generale. Nel '70 la società, in buona ascesa, venne ceduta alla multinazionale alla quale Anna Bonomi l'aveva tempi addietro soffiata sul filo di lana. Il rapporto continuò col Gruppo Bonomi, quale direttore centrale della Saffa e con la responsabilità della comunicazione per le capogruppo Beni Immobili Italia, settore immobiliare, e Invest, finanziario. Nell'82 mi determinai a lasciare la posizione di dirigente, deciso a passare a forme di collaborazione professionale che tuttavia non avrebbero dovuto impegnarmi più di mezza giornata. Accadde tuttavia che proprio in quei giorni, invitato all'inaugurazione del Palazzo dei Congressi di Milanofiori, da Giuseppe Cabassi - già conosciuto ed apprezzato, al tempo del suo matrimonio con Laura Mastracchi Manes - fui indotto a collaborare con lui. Entrai così nel consiglio di amministrazione della Rinascente, mi interessai di compagnie di assicurazioni e poi dei suoi progetti immobiliari, spesso entusiasmanti. Gli anni passarono velocemente, fino alla brusca frenata per la scomparsa di Giuseppe Cabassi. I figli che con la signora Laura accettarono l'impegnativa eredità, vollero che restassi al loro fianco.
Ed è così che ancora oggi Cortopassi - carico di riconoscimenti e onori non esibiti - continua a ripartire il proprio tempo tra il lavoro professionale e quello associativo e istituzionale, cui aggiunge interventi a Master di comunicazione, ai quali partecipa volentieri perché gli consentono di trasmettere ai managers di domani il suo entusiasmo e la testimonianza dei valori che, come persona e come esponente delle organizzazioni pubblicitarie, gli sono state di guida in cinquant'anni di attività.
"Ora spero proprio di riuscire a procurarmi un po' più di tempo per me, almeno per riuscire a ricucire i tasselli della mia vita e del mio lavoro con documentazioni e illustrazioni che ho sempre affastellato con questa prospettiva. Desidererei proprio avere più tempo per dedicarmi alle cose che ho sempre rimandato, per non deludere mai chi contava sul mio apporto. Ma, evidentemente, è il lavoro che ancora riempie la mia vita. Tutto il resto, forse, verrà domani."