Enrico Montangero
Montangero&Montangero
Nasce a Borgomanero (Novara).
Vive a Milano dove frequenta il liceo classico e giurisprudenza. Entra in Unilever nel 1969. Nel 1972 fonda la Makno ricerche, con Mario abis. Nel 1974 fonda Advema, oggi Montangero&Montangero, agenzia di pubblicità e Marketing.
Enrico Montangero, un nome, un’agenzia che va di figlio in moglie, dall’Italia alla Cina. Un portfolio che vanta primati di longevità, fedeltà, servizi, brevetti...Ma Enrico Montangero è anche figura istituzionale, l’uomo solo al comando della massima associazione di categoria negli anni che hanno scavalcato il secolo: insomma due punti di vista in uno per storicizzare e valutare il sistema pubblicità. Quali, a suo avviso, i fenomeni che hanno interessato (e interessano) il momento critico?
In primis c’è da registrare la presa di potere della distribuzione nei confronti dell’industria, con effetti a cascata di notevole impatto. Concentrazione delle marche,quindi della domanda, e moltiplicazione dei consulenti in campo, dunque accentuata competitività. Il primo prezzo pagato dalle agenzie è stato il calo dei compensi.
Due . La new economy? Non ha lasciato il segno più di tanto. Piuttosto metterei positivamente in conto la crescita del binomio servizi e tecnologia, in particolare la grande crescita di telefonia e finanza–banche: un avvento che in parte corregge il primo enunciato.
Tre. Il mestiere del comunicatore è stato investito dal vento dell’evoluzione tecnologica con conseguente conversione dei mezzi sul digitale. Il Cliente, senza dichiararsi, sta tornando verso l’agenzia full service o, almeno, una sua versione organizzativamente aggiornata.
L’agenzia a questo punto deve rispondere con la capacità di coordinare la campagna di comunicazione non più sui 4 mezzi canonici ma su almeno su 10. È l’offerta globale integrata che servirà sempre più e che renderà non facilmente fungibile chi saprà renderla in modo eccellente. Questo è il baluardo che può frenare il gioco al ribasso dei clienti, non i giuramenti di Pontida smentiti il giorno dopo da almeno vent’anni.
Quattro. L’apertura del fronte internazionale, nel continente sterminato. 1996: comincia il trasferimento di comparti produttivi in aree estreme del pianeta,totalmente estranee al comunicatore. L’intensità dell’evento viene percepita e analizzata nel corso dei miei incontri istituzionali e di studio in giro per il mondo. Conclusione da imprenditore: se è vero che il 60% del Pil sta di là, bisogna muoversi, stabilire relazioni, creare una struttura di servizi adeguati, a risposta rapida e di standard elevato, con un coordinamento efficiente. La nostra agenzia è scesa in campo con tre nuovi soci di specializzazioni complementari, uno dei quali operante in Cina da 25 anni. Insieme abbiamo creato a Shanghai-HongKong-Milano una agenzia multiservizi in grado di interfacciarsi con le esigenze dei clienti sui problemi di produzione, distribuzione, promozione e comunicazione dei loro prodotti. Importanti, a questo punto, anche i supporti tecnologici e il peso dei nostri brevetti in materia di telematica per Promotions e Direct Marketing. A tutto questo si deve aggiungere la consulenza strategica, decisiva per entrare con probabilità di successo nei mercati più lontani, soprattutto per le aziende medio-piccole.
Ritorniamo al caso Italia. Uno dei mali del sistema è stato identificato nell’eccesso di gare che impegnano le agenzie in un surplus di lavoro frustante e, sopratutto, mal retribuito...
Occorre fare dei distinguo. La gara d’appalto rientra nella logica di ogni mercato. Per i budget pubblicitari stanziati dal settore pubblico, le gare sono addirittura imposte dalla legge. Certo, occorre più rigore, più trasparenza, maggior rispetto delle professionalità. Ed è auspicabile un po’ d’autodisciplina delle singole agenzie, visto che qualunque intervento delle associazioni in materia di concorrenza è strettamente vietato.
Anche nel settore privato la gara non va demonizzata, rifiutata, a patto che con essa un Cliente non si proponga di individuare il partner strategico con cui condividere oneri e onori di grandi sfide sul mercato. Nella pratica le grandi marche, i clienti professionali di norma conoscono le regole e applicano criteri di valutazione adeguati. Il cliente medio-piccolo, a volte, brancola nell’incertezza e usa la gara, sbagliando, nella speranza di chiarirsi le idee. Allora diciamo chiaro e forte che in questi casi siamo di fronte a ignoranza dannosa e autolesionistica, che spiega e si spiega con l’arretratezza del marketing nella media delle PMI italiane rispetto agli altri grandi Paesi del G8.Infatti la gara, se va bene per scegliere un progetto singolo, un opus, è inadeguata, quindi pericolosa, per scegliersi un partner duraturo di servizi complessi. Se si è interessati a costruire un team, per portare all’interno dell’azienda determinate competenze, la gara estemporanea perde significato. Un’agenzia la si giudica dalla sua storia professionale, dagli effetti prodotti sul mercato nel tempo e per casi similari, dalla capacità di dare continuità e identità al processo creativo e operativo: un test di affidabilità che la gara non è adatta a svolgere.
A proposito di buon cliente. C’è quello attento solo al business ma anche chi è disponibile a investire nel sociale e si spende per le cause umanitarie...
C’è indubbiamente da rilevare una accresciuta sensibilità da parte del mondo degli imprenditori. L’agenzia deve sapere rispondere non con azioni sporadiche, casuali, semplici opportunità di sponsorizzare un evento. Deve essere in grado di cogliere sinergie strategiche con la marca, processi di identificazione che valgono riconoscibilità, fiducia e dunque fidelizzazione del consumatore.
C’è un prodotto tipico italiano che, allo stato attuale, può e deve essere venduto al meglio in comunicazione?
Il turismo. Non c’è prodotto più bello della nostra Italia e di tutte le sue ricchezze artistiche, artigianali e alimentari. Mi riferisco al turismo di qualità, per il quale l’acquirente è disposto a spendere tanto, ma esige qualità di servizio e immagine all’altezza sempre. La vacanza non è forse oggi uno dei beni immateriali più desiderati e venduti? Un bisogno destinato a crescere immensamente tra i 2300 milioni di abitanti della Cinindia? E non è questo uno dei temi che più necessita di una grande valorizzazione comunicativa, soprattutto per mercati molto distanti geograficamente e culturalmente da noi? Buon Lavoro!