Marco Fasani
Consumer Playmaker: Nella delicata fase d’arrivo presso l’audience di riferimento, quali sono le condizioni che regolano la buona ricezione del messaggio?
Marco Fasani
Independent Business Owner presso UNIDEA
L’utente come percepisce la diversa tipologia di messaggi nell’affollamento quotidiano degli avvisi pubblicitari? Quale tipo di engagement risulterà maggiormente gradito?
Propongo una riflessione forse meno entusiastica, “tecnica” rispetto ad un consumatore millenial ma più realistica rispetto al meccanismo culturale - quindi anche socio, economico, commerciale - che imprese e consumatori si trovano a fronteggiare nella competizione di contesti, dialoghi e connessioni commerciali.
L’esplosione web & social di cui è facile tessere vantaggi a prescindere … omettendone forse distrattamente analisi di sniff pricing , limiti di target , emozionalità di contesti e merceologia , inizia a mostrare i suoi “bug” tattici e strategici : quel modello ICT rapidamente cavalcato negli automatismi della CRM fatta di software ( con poca lungimiranza ) o nell’e-commerce si trova oggi, non di rado, con ovvi distinguo settoriali , a misurare una crescente iper pervasività mediatico-commerciale che sta scavalcando le percezioni di Qualità di merci , servizi, contenuti - cioè l’identità del brand - per “fidelizzare” il pubblico alla notorietà tecnica apparente & conveniente.
Il linguaggio promozionale che trasmette emozioni nei touch points … troppo spesso relegato a percezioni, illusioni di vantaggio e meno alla realtà innovativa dello stesso Contenuto - Prodotto… “… solo per te!” (ma anche per gli altri…), “…solo per oggi!” ( ma anche domani…) per poter essere virale , si rincorre nell’eccesso che alimenta consensi surrogati , numerici, dove matching e ondate di sconti - veri o presunti che appaiano nei POS - saturano crescita, innovazione (di sostanza) e rallentano la domanda (anche ovviamente a causa di fattori geo-politici); minano web reputation, autenticità di marche e retailers, in certi casi confliggendo con essi , con la distribuzione/ format “tradizionale” multibrand generando visite che si trasformeranno in vendite… ma solo sul web. Aspettando lo sconto che arriva sul PC.
La forbice tra i “like” e i “pay” delle tasche della media dei followers si dilata: dove tutto è semplicemente “esclusivo”, “conveniente”, “imperdibile”, fast, simply, e reperibile con maggiori e piccoli vantaggi economici, esclusivi, in altro web store/ POS , determina un trend produttivo che tende ad appiattire le differenze peculiari di una performance , del prodotto, di un know how , di una brand , per inseguire consensi digital pronti a replicarsi fino all’esaurimento… del mercato e delle percezioni qualitative (c’è quasi l’imbarazzo della scelta… TLC ? Commodities ? Fast fashion?): l’ingaggio di un influencer, un testimonial, è “meno” impegnativo di un investimento in R&S… in capacità produttiva, in human resources; è meno impegnativo di un punto vendita… di un’atmosfera fisica (alleata necessaria delle sensazioni che trasmette un oggetto, non alternativa alla cultura virtuale). La sostanza della merce-servizio tende ad assomigliarsi nonostante l’apparenza che esalta differenze, condivisioni, stili di vita.
…si arriva rapidamente al paradosso di pensare di vendere beni (abiti, mobili, etc.) luxury con “l’emozione “ della shop experience creata da uno smartphone, dimenticandosi che chi acquista un prodotto che costa, vale, anche “solo” 5000 Euro… raramente rinuncia al fatto di toccarlo, vederlo, farsi consigliare da un/una gradevole commessa nell’atmosfera charmant di una boutique esclusiva del centro di Milano, Parigi, Londra, Roma. Voi rinuncereste? E che … con relativamente pochi euro c’è un volo low cost per un week end di shopping,nella speranza che fatto l’acquisto e lasciata l’e-mail alla cortesia dello store , dopo qualche giorno non arrivi un’offerta speciale al ribasso dello stesso articolo prestigioso… con un effetto sconcertante sulla reputation che scioglie nello spam la brand awareness della griffe.
All’interno di un mercato sempre più esigente e competitivo, l’elemento cardine per le aziende resta la reputazione, attraverso la quale sono quotidianamente sotto esame da parte dei consumatori. La sostenibilità può aggiungere personalità al brand, suscitando un interesse più marcato nelle nuove generazioni?
Se l’uso delle nuove tecniche di comunicazione ha reso, vorrebbe, il Consumatore un techno-playmaker, protagonista di domanda-consenso tailor made oltreché verso una marca, attento a quei temi di sostenibilità etico-sociale ed ambientale di un bene di consumo, il meccanismo di segmentazione - livellamento innescato della semplice rilevanza ottenuta col marketing numerico di una notorietà digitale, rischia di produrre commercialmente una divaricazione di accesso proprio a quei prodotti creati nel rispetto di bio-diversità e salvaguardia delle buone politiche sociali; ciò che dovrebbe essere in ogni produzione il life motive rappresentante dell’economie più evolute come la nostra sta motivando l’offerta di un valore aggiunto - anziché essere valore standard - costoso, sorretto in buona fede dal pubblico ma cavalcato per aumentarne surrettiziamente i margini in molti settori a cominciare dai prodotti alimentari industriali (complice una divulgazione legislativa e scientifica a volte ambigua); con evidenti riflessi su tutto il ciclo economico-produttivo- sociale: chi lavorerà di meno causa la minor richiesta di differenze peculiari (… le human resources, la R&S di cui sopra) potrà produrre quindi meno innovazione, conoscenza; avendo meno “budget” potrà cliccare meno “pay”, cioè consumerà meno anche ciò che rispetta e valorizza una certa etica produttiva, ambientale. E la salute.
Per molti aspetti di ordine civico, pubblico, pratico questo nuovo techno-media systems senza barriere ci stimola al progresso; dove però la promozione commerciale si fonde per nascondersi sotto l’informazione di un’apparenza straordinariamente vantaggiosa, per noi consumatori - cioè le stesse persone che producono nella Società post industriale - non è sempre positivo: l’abuso sistemico ,tecnico, è da evitare. Per non pagarne il prezzo nella rapidità del futuro.