Duri Bardola Direttore Creativo Pbcom Gruppo Moltiplica
Le Interviste Mediastars XII Edizione
Duri Bardola
Direttore Creativo Pbcom Gruppo Moltiplica
All’interno della vostra struttura riesce a delineare quali sono stati i risultati della sua attività di coaching?
La mia personale esperienza di coaching deriva soprattutto dall’aver fatto per oltre 15 anni il…coach a tutti gli effetti di squadre di baseball maschile e softball femminile. Fare il coach in uno sport prettamente USA è fare veramente il coach, così come lo intendono gli americani e proprio come lo rappresentano nei loro film sullo sport: motivare ed essere duri nello stesso tempo, prendersi la proprie responsabilità, ma saper chiedere ai singoli il massimo sforzo a favore del gruppo.
La comunicazione può fare squadra?
Applicare questa esperienza al mio lavoro di direttore creativo mi è sempre venuto naturale. D’altronde credo che il mondo della comunicazione sia sempre stato il più ricettivo per quanto riguarda il lavoro di gruppo. Basta pensare alla storico affiatamento a volte fino alla simbiosi tra Art e Copy. Per anni il mio copy è stato il mio compagno di banco del liceo… Gestire una squadra però non è come gestire una coppia, vuol dire conoscere le potenzialità dei propri collaboratori, utilizzarli nel ruolo a loro più congeniale, motivarli sia singolarmente che collettivamente e farli sentire parte di ogni progetto.
Ho sempre pensato e sempre detto a tutti che nel mio team non esiste un autore che possa prendersi da solo il merito di un lavoro ben fatto, ma che ogni progetto è il risultato di un sforzo comune. Questo è il bello del lavoro creativo in comunicazione. Il prodotto finale è sempre un prodotto collettivo e non solo del team interno all’Agenzia, ma anche di tutti i collaboratori esterni: registi, fotografi, illustratori, scenografi e via dicendo.
Inoltre per quando riguarda il futuro, la recente creazione del Gruppo Moltiplica, un team di aziende di cui fa parte la Pbcom e che comprende specialisti che vanno dal packaging all’organizzazione di eventi, dal web marketing all’ideazione e realizzazione di format televisivi, imporrà un’attività di coaching veramente continua. Nelle mie esperienze più recenti ci sono diversi casi in cui il lavoro di coaching è stato impiegato a fondo, ad esempio per un progetto strategico molto impegnativo del nostro cliente Ceres Italia abbiamo organizzato una serie di sessioni di lavoro che coinvolgevano gruppi diversi di creativi sia interni che esterni all’Agenzia coordinati da un “facilitatore” professionista, Sergio Zava, e i risultati sono andati oltre ogni aspettativa.
Quali sono le caratteristiche dei progetti premiati?
Nel progetto realizzato per le Universiadi di Torino 2007 abbiamo lavorato con buonissimi risultati coinvolgendo un giovane copy freelance romano, Gabriele Custo che cito molto volentieri, partito come “riserva” e inseritosi benissimo nel gruppo, fornendoci molti assist vincenti. La stessa cosa abbiamo fatto coinvolgendo direttamente anche il regista Stefano Moro in un fase ancora molto rough nell’ideazione dello spot, ed è stato proprio grazie al divertimento scaturito da questo gruppo giovane e molto motivato che è nato un prodotto originale e vincente.
Per quanto riguarda il lavoro per Condorelli, invece, la sfida era sfruttare le potenzialità e il talento di un grande attore come Leo Gullotta. Anche lui, nonostante i suoi impegni, è stato coinvolto in modo importante. E la sua disponibilità e il suo apporto creativo ci hanno portato a modificare molti elementi dell’idea iniziale.
In un mercato sempre più competitivo la motivazione e la forza del gruppo possono essere ciò che fa la differenza. Quali possono essere a Vostro giudizio le potenzialità di un buon coaching, dovendo quindi intervenire su team di progetto orizzontali, verticali e anche trasversali?
Su suggerimento di una nostra dirigente, recentemente abbiamo fatto fare, da una società specializzata, una ricerca sul “benessere aziendale” che ci ha portato a organizzare ogni primo venerdì del mese un appuntamento, che abbiamo chiamato “Bloody Friday”, per coinvolgere tutti i reparti dell’Agenzia nell’organizzazione, nello scambio di informazioni, nelle proposte di nuove opportunità di formazione interna ed esterna fino all’ideazione veri e propri giochi che coinvolgano tutti mettendone alla prova la preparazione individuale nei vari settori della comunicazione. Insomma a partire dagli anni dello sport fino a quelli della comunicazione il lavoro di coach non l’ho mai abbandonato.