Niki Starnino
Small is the new big: uno spunto di riflessione di tendenza nell'attuale mondo della comunicazione.
Niki Starnino
Creative Designer | Graphics • Photography • Illustration
Piccolo è il nuovo grande. Come interpretare questa nuova valenza messa in risalto da Seth Godin, scrittore di successo e guru del marketing?
L’osservazione di Seth Godin è intelligente, ma di certo non nuova. Esistono molti proverbi e modi di dire in cui il piccolo viene esaltato o privilegiato, a sostegno del fatto che, a riguardo, in molti ne percepiscono valide qualità. Non direi essere una nuova valenza, ma più un ricorso storico in cui il piccolo torna ad essere apprezzato perché prevalentemente portatore di autenticità, umiltà, passione e altre virtù…
Le cose piccole sono “deboli” o percepite tali (anche se possono non esserlo), quindi volenti o nolenti si ritrovano sempre a fare i conti con i grandi, con i più forti, con chi detiene il potere per nascita o per status quo. Il confronto non è di certo bianco e nero ma si può facilmente capire come nel nostro tempo dove tutto si evolve, si espande e aumenta, (ri)trovare il senso della misura può aiutare certamente a valorizzare ciò che siamo e ciò che facciamo; mi trovo d’accordo a sostenere che pensare in piena libertà, coadiuvati da ambienti stimolanti e innovativi, sia una formula vincente per creatività e inventiva.
La riduzione dei budget può portare all’ottimizzazione della strategia di comunicazione delle grandi aziende?
La tecnologia in primis ha permesso la distribuzione e l’espansione delle conoscenze tecniche e culturali. Molte più persone sono in grado di accedere alle informazioni e alle risorse utili ad apprendere il necessario per diventare le nuove figure professionali richieste dal progresso culturale e dal mercato, senza investire troppi soldi o passare necessariamente per le tradizionali strutture formative. La concorrenza è aumentata, di conseguenza la domanda di lavoro. Per competere in una situazione del genere è necessario ottimizzare risorse materiali e immateriali. Ma non è solo una condizione, è anche un’intenzionale scelta, quella di bilanciare l’equazione abbassando le risorse materiali per far emergere quelle immateriali; in presenza di grande quantità delle prime infatti, diamo per scontate alcune soluzioni e i nostri processi cognitivi, intellettivi e creativi restano impigriti e funzionano poco. Non esistono idee costose e idee economiche, ma idee misere e idee felici.
Come le aziende seguono la tendenza dell’attenzione al singolo, al mercato one to one, ai social network per distinguersi nella comunicazione attuale?
I social media hanno permesso alle grandi aziende (e non) di parlare quotidianamente con i propri (potenziali) clienti, informandoli di promozioni, novità, eventi ... instaurando spesso un rapporto, un dialogo, di più intima “conoscenza” e fiducia. È proprio qui il punto di forza: nel dialogo, nell’interazione, nel coinvolgimento. Normalmente la comunicazione, l’informazione, la pubblicità, avvengono in modo unilaterale: il destinatario “subisce” la comunicazione (in realtà in termini semiotici opera un’interpretazione, una decodifica, ma diciamo che non “risponde” in modo diretto al mittente).
La cultura del nostro tempo ci spinge invece sempre più a interagire con tutti, conoscenti e sconosciuti; paradossalmente diminuiamo alcuni rapporti interpersonali reali e accresciamo quelli virtuali che prendono però la stessa consistenza dei primi. Per questo se un brand ci delude noi ci lamentiamo con commenti e invettive sulla loro pagina Facebook, e se un ente promuove un evento noi siamo lì su Twitter a unirci alla causa, perché anche la nostra opinione, la nostra parola, seppur piccola, prende valore, crediamo che dall’altra parte qualcuno ci ascolti e farà qualcosa per soddisfare le nostre esigenze o ringraziarci del sostegno e del feedback.
Nel nostro “piccolo” siamo consulenti stessi di coloro che ci offrono o vendono prodotti e servizi.