Erik Ciravegna
Dottore di Ricerca Dipartimento INDACO, Politecnico di Milano
TAVOLA ROTONDA - 31 Maggio 2011
Gaetano Grizzanti (moderatore dell’incontro):
Darei a questo punto la parola a Erik Ciravegna, docente del Politecnico di Milano nel Corso di laurea in Design della Comunicazione e ricercatore del Dipartimento INDACO. Nello specifico il dott. Ciravegna si occupa di packaging, mezzo di comunicazione altrettanto interessante per agenzie e aziende. A lui chiedo: nella generale convinzione che un packaging non abbia solo una mera funzione contenitiva, come si può comunicare e veicolare informazioni in maniera efficace, oggi?
Erik Ciravegna:
Al Politecnico di Milano, uno dei temi di cui quotidianamente mi occupo, è proprio la qualità comunicativo-informativa del packaging e, in particolare, del rapporto tra dimensione informativa e dimensione seduttiva di questo artefatto. E su questi aspetti lavoriamo, come gruppo di ricerca, sia dal punto di vista teorico-critico, sia da quello didattico.
Per rispondere alla domanda, vorrei innanzitutto soffermarmi su alcuni aspetti. Innanzitutto per arrivare a comunicare e informare bene dobbiamo porre l’accento sul concetto di user-centred, ossia dobbiamo chiederci chi è effettivamente il nostro utente e porre al centro della progettazione quelle che sono le sue reali necessità. Naturalmente non mi riferisco a un utente unico, ma a enne utenti diversi con caratteristiche specifiche e con bisogni specifici, espliciti o impliciti. Andando a indagare quali sono le diverse fasce di consumatori, infatti, possiamo iniziare a capire come orientare meglio la progettazione di un packaging e rendere più efficace la comunicazione e migliorare l’informazione.
Segue quindi la comprensione di quali informazioni è prioritario veicolare e con quale gerarchia. Non tutto può essere comunicato e, soprattutto, non tutto può essere comunicato allo stesso modo.
Gaetano Grizzanti:
Quali differenze rintracci più nel dettaglio, in qualità di ricercatore accademico, tra comunicazione e informazione?
Erik Ciravegna:
Innanzitutto, per quanto riguarda il progetto di packaging, sembra che nel panorama attuale della produzione, le aziende non si preoccupino più di tanto di quello che veicolano, in termini informativi, sui loro prodotti.
Al di là degli aspetti più marcatamente promozionali e seduttivi, di cui ci si preoccupa per promuovere maggiormente le vendite, sembra che le informazioni vengano posizionate sulla superficie dell’imballaggio più per ottemperare a un obbligo di legge piuttosto che per facilitarne la fruizione da parte degli utenti. Per certi versi, viene vissuto come un mero obbligo e non ci si preoccupa molto di come sarebbe opportuno comunicare al meglio certe informazioni.
A questo proposito, durante il dottorato ho lavorato con il mio gruppo di ricerca per il Ministero dello Sviluppo Economico per capire come si dovesse comunicare in maniera corretta ed efficace la data di scadenza. E il lavoro di ricerca ha portato all’elaborazione di linee-guida sulla corretta comunicazione di questo contenuto informativo, prendendolo come esempio emblematico, come campione a partire dal quale definire dei principi per informare meglio attraverso il packaging.
Tornando ora alla tua domanda e al rapporto tra comunicazione e informazione, credo che la questione non sia da porre come se i due termini fossero da contrapporre, poiché sono in stretta relazione e fortemente connessi l’uno all’altro: l’informazione è parte integrante del processo di comunicazione. Ritengo, infatti, che il packaging sia uno strumento di comunicazione e che tra le diverse funzioni comunicative che assolve, le funzioni informative assumano un’importanza determinante.
Ciò che va bilanciato al meglio, come accennavo all’inizio del mio intervento, sono le funzioni informative con quelle seduttive. Certamente un packaging deve convincere il consumatore a scegliere e comprare un particolare prodotto – è ovvio, non si può negare che un’azienda abbia tra le sue missioni quella di incrementare le proprie vendite –, ma un imballaggio deve anche poter vedere tradotta al meglio la sua funzione informativa: dire, per esempio, quando scade il prodotto, quale sia il profilo nutrizionale più corretto e idoneo a un determinato stile di vita, ma anche come aprire correttamente la confezione, come smaltirla e via dicendo.
Ritengo che una delle questione più calde e attuali in questo settore sia proprio legata a questi aspetti.
Gaetano Grizzanti:
Tirando le fila del discorso, possiamo dire che seppur obbligati a informare, un contenuto informativo apparentemente banale, tradotto però in modo comunicativamente adeguato ed emotivamente coinvolgente, può contribuire a rendere il packaging uno strumento comunicativo più efficace.
Erik Ciravegna:
Assolutamente. Aggiungerei solo che è anche possibile trovare proprio nelle informazioni nuove occasioni per innovare il progetto e per attribuire nuova identità ai prodotti. Basti pensare, per esempio, alla britannica Tesco e ad alcune delle sue linee di prodotti che pongono proprio le informazioni alla base della loro identità: da Free from a Carb control, a Healthy living; l’assenza di allergeni, il basso contenuto di carboidrati o un profilo nutrizionale particolarmente bilanciato, diventano per questi prodotti veri e propri valori di marca.
Per ricollegarmi a quanto accennavi, attraverso un packaging si può dunque comunicare in modo efficace, informando correttamente, ma anche trasformando gli stessi contenuti informativi in un reale valore aggiuntivo che è possibile attribuire ai prodotti.