Christian Gangitano
Curatore Mostra Pop Icon
Proprio nel momento clou dell’era della globalizzazione cinoamericana, dello spostamento a oriente del baricentro dei mercati e del “culture mix”in atto nell’”occidente estremo” del sud est asiatico, del consumo di massa e della società dello spettacolo integrato attraverso i social media e il villaggio globale di Facebook , l’arte celebra il BRAND come soggetto privilegiato di una nuova iconografia diffusa e finalmente comprensibile a tutti, ispirazione, musa, neo archetipo delle community nelle reti, di casa nel web 2.0.
La pubblicità e il marketing hanno sempre tratto ispirazione dall’arte, a partire dal primo “brand” conosciuto dall’umanità rappresentato dalla Croce, restyling di un pesce, che ha portato Costantino e Licino a unificare, con libertà di culto a oriente e occidente, un impero ormai allo sbaraglio, con un grande lancio come l’editto di Milano, geniale trovatache utilizzò per prima la forza del LOGO, con la creazione di un brand millenario e globale, più efficace di Coca-Cola. Non è un caso, forse, che Milano sia rimasta per tanto tempo (e lo è ancora per certi versi ) tra le più importanti capitali dell’ADVERTISING in Europa.
Successivamente anche Roma, Firenze e Venezia non si fecero mancare nulla, con l’impiego degli artisti rinascimentali che di questo BRAND cruciforme seguirono il riposizionamento, attraverso la committenza di diversi Papi detentori di budget infiniti e le trovate di Lorenzo di Piero de' Medici, detto Lorenzo il Magnifico, il primo creativo della storia, gli artisti sono stati amplificatori e mass media: il Rinascimento fiorentino e veneto, momento più alto e sopraffino dell’utilizzo delle icone POP per una pubblicità ante litteram, tra le strategie più raffinate che siano mai esistite nella discipline della comunicazione integrata.
Da allora si avvertono costantisegnali più o meno forti della “presa della bastiglia”, dell’ affermazione da parte del BRAND come linguaggio artistico universale, il vero esperanto visivo. Oggi è arrivata finalmente l’ora di invertire le carte in tavola, di sbaragliare il banco del gioco di ruolo che dura dall’inizio dell’invenzione della storia dell’arte da parte di Vasari& co.
Le arti dell’utilizzo del LOGO di prodotto, del packaging e del Brand come soggetti privilegiatiche si vanno affermando durante il periodo dell’edonismo e del boom economico del secolo scorso, che si impongono con Warhol e la POP ART americana e europea eprima ancora tra 1.600 e 1.800 con l’arte Ukiyoe nelle stampe giapponesi di Hokusai e Hiroshige, arte di qualità disponibile per tutti. Una rivoluzioneannunciata già dall’inizio della globalizzazione nel 1492 con la “conquista” da parte di Cristoforo Colombo e lasua ciurma di mercenari delle Americhe e la morte, avvenutain concomitanza,di Piero della Francesca, l’iniziatore di tutto, teaser di Donato Bramante che tra i pionieri dell’invenzione della prospettiva indicava già la strada spianata all’avvento della “galassia Gutenberg”, di Internet, dell’uomo sulla Luna fotografato in studio, del rover Curiosity su Giove e della consolle play station Wii.
E’ l’ora quindi del Neopop declinato secondo diversi gusti, culture, icone appartenenti e riferite alla società dei consumi, il momento della massificazione della storia dell’artee dell’opera d’arte riproducibile e posseduta anche dentro al proprio frigorifero, dei capolavori e delle “croste” disponibili oggi con un clic su GOOGLE e su Instagram, dellapsicosi collettiva della ricerca incalzante di “LIKE” sul proprio wall, scrutato costantemente tramite device coreani o americani ma pur sempre made in China che diventano modelli degni al pari della signorina misteriosa, la Belle Ferronière, ritratta da Leonardo da Vinci.
E’ il momento dell’arte “brandizzata” o meglio il branddiventa arte in sè, soggetto e oggettoche si eleva al livello “alto” al quale ha sempre aspirato, al valore estetico e non solo o non più soltanto merceologico.
Ecco allora la fusione tra oriente e occidente nelle icone MICROPOP giapponesi di Tomoko Nagao dove il kawaii si fonde con l’allegoria dell’era della globalizzazione nei remake delle opere d’arte più importanti e più note popolate dall’apoteosi del “packaging porn”,
si impone nelle suggestioni di una generazione cresciuta a pane, manga e Guerre Stellari alla quale appartiene Max Ferrigno, con la sua pittura raffinata, artista lowbrow e pop surrealista del Monferrato oggi patrimonio Unesco, tifoso della Roma, la squadra più POP che c’è,
BrandedArt ènei coloratissimi collages “power Flower” di Felipe Cardeña Street Boys crew, artisti multitask che ri-propongono icone dell’arte e del consumo globale in una “ripetizione differente” che sfavilla con pattern fatti di un “kitsch colto” di collage ricchi di dettagli micro e macro, di citazioni storico artistiche e letterarie colte,
si manifesta nell’eterna fanciullezza, tra Marvel e Kill Billdei personaggi childihs, i Boollys, della multimedia designer romana Giulia Oberholtzer,
quindi si fa mascotte di un’azienda di pneumatici, il “character” Bibendum riprende vita nell’arte ambientata nei fotogrammi di un film noir, trattato da spot pubblicitario, che vede protagonista il redivivo“omino Michelin” che alberga nell’ immaginazione di Carlo Cazzaniga.
E’ BrandedArt, signori, e questa è ancora una volta l’ottima occasione per varcare intonsi le mura di Troia, grazie a Mediastars - premio tecnico della pubblicità, l’arte è vista come Elena, la più bella che ritorna finalmente acasa da Menelao dopo aver per tanti anni dato retta al viziato Paride.