Gianfranco Fornaciari
Small is the new big: uno spunto di riflessione di tendenza nell'attuale mondo della comunicazione.
Gianfranco Fornaciari
CEO O-one
Piccolo è il nuovo grande. Come interpretare questa nuova valenza messa in risalto da Seth Godin, scrittore di successo e guru del marketing?
E’ una dichiarazione di intenti (o per certi versi una constatazione) che prende atto dell’esigenza di semplificare e velocizzare enormemente i processi di adattamento del marketing e della comunicazione alle novità che soprattutto tecnologia e cultura digitale introducono con urgenza e continuità.
E forse più che di adattamento è meglio parlare di implementazione di processi attraverso i quali chi fa marketing deve poter sfruttare questi cambiamenti, conoscendoli approfonditamente il prima possibile.
Tutto questo grazie ad uno stato mentale molto diverso da quelli del passato: un approccio ampio e possibilmente non troppo viziato da competenze verticali acquisite in passato.
In questo modo un’organizzazione, pur facendo conto sulla solidità che solo un certo tipo di dimensioni può garantire, deve sapersi riorganizzare in cellule più piccole, flessibili e focalizzate su temi innovativi.
La riduzione dei budget può portare all’ottimizzazione della strategia di comunicazione delle grandi aziende?
Certamente i budget guidano le scelte e aguzzano l’ingegno, come si suol dire. La risposta però non sta solo nell’ottimizzazione della strategia bensì nello sforzo di lavorare su sistemi di misurazione del ritorno assimilabili a quelli consolidati che permettano ai manager di muoversi su terreni conosciuti, almeno dal punto di vista delle metriche.
Come le aziende seguono la tendenza dell’attenzione al singolo, al mercato one to one, ai social network per distinguersi nella comunicazione attuale?
Le aziende o i brand sono diventati più “personali", questo è indiscutibile. Il punto è a quale prezzo? Nel perseguimento di quali reali obiettivi? L’engagement con l'utente ha assunto molte sfumature definendo logiche e codici assai diversi a seconda che si tratti, ad esempio, di un ambito di CRM o di intrattenimento. Fan page con centinaia di migliaia di fan (o anche più) stanno ponendo ai brand una domanda che si fa assordante: come poter “convertire" questa platea di utenti che ha voglia di chiedere e ascoltare ma che è divenuta piuttosto costosa da gestire in una logica one-to-one?
Di sicuro non tutti i brand si trovano allo stesso punto del ragionamento e però di certo la sensazione generale è di essere nel bel mezzo del guado: alla fine forse ci accorgeremo che i social media sono appunto un media e quello che conta è ciò che facciamo passare su quel media e con quali obiettivi.