Marco Fasani
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Ispirazione e produzione creativa. L’ispirazione ci accompagna, e come si dice non dà preavvisi, la produzione spesso conferma le idee e il lavoro di team produce sempre i migliori risultati.
Marco Fasani
Independent Business Owner
UNIDEA Comunicazione & Pubblicità
Come nasce l'ispirazione, per un creativo di oggi? Dove traiamo la nostra "ispirazione" che ci porta a rivelare ciò che esiste ma è nascosto?
Nella comunicazione attuale dove forse troppo, soccombe ai dettami della specializzazione determinata dai tempi di realizzazione - che non di rado partorisce Déjà-vu o addirittura Special Off … (offerte al ribasso, reali o in-credibili ovunque) in tutte le salse online ed offline – l’ispirazione non ha ricette applicative dei software design, o di algoritmi SEO / SEM : non è ” specializzata”.
Può sembrare un’ eresia ma personalmente credo che la comunicazione d’Impresa nel senso più ampio del termine – dilatata ai 5 sensi del ”consumatore”, la persona – sia un po’ come la vendita: è con la creatività che si anticipa il mercato.
Quando si specializza nell’inseguire il target o i competitor … alla mercé dei dati di share, o dei Big Data ( pur logicamente utili a definire obiettivi e cornice progettuale ) … si sbiadisce il brand, si spegne, l’affollamento del web ne accelera l’invecchiamento, l’oblio: è già l’era di cambiare marketing. Di cambiarlo: arrivare prima allo stesso risultato del “ + X1, %” dovendo poi lanciare progressività di campagne sconto accorcia vita e margini del futuro dell’impresa . Le fasi creative – e la sua ispirazione – sono una continua esplorazione nella “terra di mezzo” tra i freddi KPI aziendali e la percezione dei valori del pubblico nella realtà, non solo del segmento di mercato / canale distributivo specifico (… che bisogna vivere di persona, dalla scrivania è un surrogato emozionale). Il marketing dei numeri è capace di rilevare … ciò che è già avvenuto, se preferite proietta ciò che avverrà nella competizione in un contesto mediatico o di vendita, solo virtualmente: la realtà li cambia.
Nella trincea reale quotidiana sono l’espressività a tradurre, esprimere , bisogni materiali , psicologici, immateriali di un prodotto-servizio nel futuro-presente per alimentarne strategicamente il ricordo; accendere l’interesse verso la marca/azienda. Lo stesso messaggio, l’immagine, in qualunque media e contesto cambia le percezioni di valore : è poco efficace fotocopiarlo in 100 formati di spazio o interattività; va reinterpretata, pianificata, la funzionalità di un concetto- significato chiave nel processo del customer journey .
“L’arma” che colpisce, seduce, coinvolge, traina shop experience, sedimenta … rigenera l’innovazione - gli da la vita nella sintesi creativa di contenuto , forma e sostanza - a mio parere è un mix : un melting pot , di fattori commerciali , economici, tecnici, mediatici … (con un po’ di buon gusto estetico che non nasce solo con la tastiera del PC) e contesti - che interpreta valori e performance tecniche in umanistiche traendo spunto da comportamenti e cultura nella società. I media - in particolare, nei personal devices - possono solo intimamente amplificare un valore/messaggio ( ironico, credibile, serio …) o noioso … clone, simile all’offerta di ieri, di 2 ore fa: poco significante, per un uomo … che non ha problemi d’igiene femminile … quanto per una donna … che non ha la barba, ad esempio. Il nemico più temibile per la marca locale e globale è la noia … incredibile anche al 50% di sconto.
La marca, non da oggi vive, si relaziona quasi come un individuo nei contesti quotidiani ( i media, i POP, gli eventi, etc): per farla crescere con un etichetta “sempre giovane” , riconoscibile, coerente, lungimirante, affidabile … bisogna traspirare sogni e bisogni nell’immaginario collettivo della gente. Catturare scientemente i digital devices del target non basta: sono i contenuti che pilotano il data driven. Non è certo l’Intelligenza Artificiale che alimenta il PIL del brand system: altrimenti, con tutta la media technology disponibile non si spiegherebbe il trend emorragico di affidabilità , autenticità ed autorevolezza - nuovo incalzante problema del marketing system nella sovrapposizione di canali di vendita, promozione, visibilità online - che intacca progressivamente la raccolta ADS dei major social network minando l’identità di brands anche multinazionali ( notizie pubbliche: da UNILEVER che coglie con opportunismo le turbolenze sociali USA per disinvestire da FB … a NIKE che da Gennaio ha globalmente cessato di vendere attraverso AMAZON).
Come riconoscere la consapevolezza delle proprie competenze nel nostro ambito lavorativo? Come misurarsi con questo aspetto nello svolgimento dell'attività professionale?
Della consapevolezza - di avere un’ abilità, risolvere brillantemente un problema, o di aver creato “il mostro” di notorietà – un piccolo o grande successo - bisogna sempre o quasi, dubitare: è l’unica strada che ci spinge a perfezionare ogni aspetto, indagare nuove soluzioni, ampliare le professionalità. A non sedersi sugli allori (o restare nelle ortiche) per sperimentare o perfezionare il sapere nel confronto aperto dei rapporti socio-professionali: quando è disponibile. Nei quotidiani mille canali di contatto e dialogo ci si dimentica che la parola comunicazione è congiunzione semantica di COMUNICA e AZIONE: una relazione multilaterale di confronto che oggi non solo nel trend digitale tende ad essere unilaterale; si comunica di più … ma si è disposti all’ascolto della diversità - si passa all’azione - di meno.
É una deriva, una barriera di quell’approccio imprenditoriale e professionale un po’ cieco e … nascosto , parere personale , dietro il mantra particolare della digitalizzazione smart (non c’è impresa ed istituzione che non la invochi … inconsapevole di esserci già dentro) a scapito del primo obiettivo più generale, utile per crescere : senza ascoltare, valutare, indagare proposte e punti di vista diversi , si replica più o meno velocemente … lo stesso risultato. É sufficiente nell’era post Covid?
Con la premessa che tutti abbiamo preferenze, “specializzazioni” in alcuni ambiti e contesti, nelle attività marketing & communications si tratta di avere il coraggio con il rischio calcolato di proporre alternative; ovviamente dipende da visione professionale , assetti operativi di ognuno di noi . Il trend culturale generale, ante Lockdown, della committenza un po’ accecata da pratiche tecnico-digitali-gestionali , poco umanistica e lungimirante, ha badato forse più “alla comoda ragioneria dell’ orticello” piuttosto che al bosco che poteva, potrebbe crescere.
Occorre quindi avere tenacia, approfondire il particolare nel quadro della visione generale di un dato mercato o contesto. E seminare con pazienza: per trovare l’Humus adatto. Ogni idea innovativa, alternativa, all’interno di un’organizzazione aziendale – come di un progetto – deve combattere per essere considerata da figure professionali che hanno altre culture. E più spesso … poca consapevolezza, affabilità, nel percepire di luoghi non comuni. Figuriamoci dall’esterno : un po’ fa parte del rischio d’impresa, e personalmente è un arricchimento confrontarsi , dialogare, a volte cambiare le convinzioni , o far cambiare idea alla committenza che … non ne voleva sapere.
Offrire una “canna da pesca” anziché vendere il pesce bello e precotto con la solita ricetta è spesso arduo ma a volte molto gratificante: come far aprire gli occhi ad un “cieco” . Oggi raggiungere un target con tecnicismi online è relativamente semplice: per questo vendere diventa sempre più complesso. La comunicazione non è una cosa: è un processo che investe marketing , promozione, media, l’identità della marca; costruisce un metodo alternativo per innovare, cambiare “regole” di valori e percezioni dell’oggi : per creare la differenza nel presente per il futuro, per vendere . Non è solo fornitura … dettagliata di effetti speciali, tecnologici, spazi, banner, post , layout, Seo, etc.
Nel nostro mondo condiviso non ci si può più permettere di agire da soli. Con chi costruire alleanze per rispondere alle esigenze del mercato di oggi?
Essendo un “battitore quasi libero” , che si batte e si dibatte per affermare idee, costruire proposte innovative nel mercato, nuove strade , osservo che talvolta la parola condivisione sia depistata all’uso e consumo di convenienza unilaterale: se dietro c’è volontà di confronto nella cooperazione, di COMUNICA-AZIONE, nel dialogo aperto tra le parti – su un iter progettuale, di una scelta, per un obiettivo comune - l’alleanza, come lo smart working, sono forme di lavoro positive; portano ad accrescere esperienze, competenze reciproche, idee e risultati: tra e con varie figure professionali coinvolte, gestionali, responsabili verso la committenza, o con la committenza.
Se dietro la superficie si cela la formula del vecchio prefisso “costo il meno possibile ” per un numero di elaborati o di risultati ” il più possibile” si è costretti a lavorare con l’occhio sull’ orologio, a scapito della riflessione, della strada alternativa. Il rischio – se non c’è chiarezza d’intenti e nel rapporto tra le parti - è di creare il particolare che nel contesto generale del progetto è “bellissimo “ ma c’entra poco col resto creato da altri … o “ è bruttissimo” rispetto al resto, rispetta tempi e costi ma è poco adatto: dipende da quanto elastico e/o ragioniere s’imposta il rapporto tra priorità di buget, di servizio, di qualità. Guardarsi in faccia e conoscere, anche indirettamente, aspetti, dettagli organizzativi o di briefing ed esigenze del committente ultimo è la premessa più utile per creare armonia e coerenza di ogni progetto. Ed avere dei vincoli ( … foto già fatte , media, per fare solo un esempio …) non è sempre una costrizione: è la creatività che da vita al contenuto-significato fresco, risveglia vita, identità di un prodotto , accende l’interesse del target.