Alberto De Martini
Consumer Playmaker: Nella delicata fase d’arrivo presso l’audience di riferimento, quali sono le condizioni che regolano la buona ricezione del messaggio?
Alberto De Martini
CEO Red Cell
L’utente come percepisce la diversa tipologia di messaggi nell’affollamento quotidiano degli avvisi pubblicitari? Quale tipo di engagement risulterà maggiormente gradito?
C’è una tendenza, o meglio un tentativo, da parte nostra, cioè dei responsabili del business pubblicitario, di entrare più dolcemente nella vita delle persone. Non è un segno di bontà, capiamoci. Semmai di civiltà: una civiltà che cambia e che ci impone di adattarci per il vantaggio di tutti. Dei brand, che solo così possono evitare di vedersi sbattere la porta in faccia da persone sempre più autonome nella scelta dei contenuti di cui fruire e che, quindi, mal sopportano le intrusioni, le interruzioni del loro percorso. Delle persone, che troveranno nella pubblicità sempre più un’opportunità e sempre meno un intralcio. E dei pubblicitari, che così facendo difendono il valore del loro contributo al cliente, aggiornandolo e arricchendolo di nuovi elementi. In sostanza, noi siamo sempre stati un tramite “tecnico” fra prodotti e consumatori: oggi per fare bene il nostro lavoro, possiamo e dobbiamo diventare ponti culturali fra imprese e persone.
Spesso non ci accorgiamo di quanto gli algoritmi stiano pilotando le nostre scelte attraverso l'utilizzo dei Big Data. Quale sarà Il futuro della comunicazione? Sarà esclusivamente Data Driven o c’è la possibilità di una svolta creativa Human Driven?
Proverei a guardare oltre gli schemi e le semplificazioni. Data Driven non è il contrario di Human Driven. Perché i dati che ci permettono di conoscere meglio le persone sono solo mezzi. Potentissimi certo, come lo sono la genetica o l’energia nucleare. Ma pur sempre mezzi che, come tali, possono essere usati per fini positivi o sciagurati. Se usati correttamente, i dati permettono alle imprese di ottimizzare gli investimenti e alle persone di vedere solo contenuti pubblicitari pertinenti ai loro interessi economici, funzionali e culturali. La scommessa sana è tutta qui: individuare territori comuni in cui brand e consumatori non siano più cacciatori e prede, ma compagni di avventura nella sfida quotidiana a rendere questo mondo e questa vita un po’ più semplici, piacevoli e, perché no, divertenti.
Quest’ultimo punto, che riguarda la creatività, è cruciale. Le ricerche ci dicono, infatti, che la maggior parte di chi attiva Adblock lo fa non a causa della quantità, ma della qualità dei messaggi trasmessi. In ogni caso, a un mondo in cui un orfano riceve una promozione di Interflora per la festa della mamma preferisco quello in cui, avendo acquistato una volta una racchetta on line, ho il tablet che trabocca di lezioni di stop-volley tenute da un maestro di tennis di Santa Monica in bermuda a fiori.
All’interno di un mercato sempre più esigente e competitivo, l’elemento cardine per le aziende resta la reputazione, attraverso la quale sono quotidianamente sotto esame da parte dei consumatori. La sostenibilità può aggiungere personalità al brand, suscitando un interesse più marcato nelle nuove generazioni?
Sì, tutte le ricerche ci dicono questo: sempre più persone pongono ai vertici delle loro priorità di scelta tre criteri fondamentali: che il prodotto e/o il servizio e/o il modo in cui mi viene fornito semplifichino la mia vita; che contribuisca al mio benessere personale (salute, felicità, equilibrio…) ora e nel tempo; che partecipi alla difesa o alla edificazione di un ambiente più favorevole non solo a me, ma a un “noi” sempre più esteso. Questo “nuovo Noi” è un aspetto cruciale del cambiamento culturale in atto. Se una volta Noi voleva dire la mia famiglia, la mia patria, oggi vuol dire il genere umano, le prossime generazioni, e non solo: la crescente attenzione al benessere degli animali ci fa capire che il nuovo Noi sta superando anche i confini identitari fra specie e specie. La dico semplice: oggi alcuni di noi (ed io, lo ammetto, tra questi) non si sentono più solo uomini tra gli uomini, ma animali fra gli animali. Mangiamo meno carne non solo perché abbiamo capito che ci fa male, ma perché guardiamo in un modo nuovo gli occhi di un vitello, di un coniglio, di un capretto. Adesso, i neuroni-specchio scoperti da Rizzolatti, funzionano anche tra il cervello di un bancario e quello di un merlo indiano. I brand che capiscono tutto questo e non lo snobbano come somma di tendenze passeggere e stravaganti andranno più lontano. O, più semplicemente, avranno maggiori probabilità di sopravvivere. Perché oggi i cambiamenti sono veloci e potenti come tsunami. E il tema non è resistere all’onda, ma cavalcarla.