Alex Koban Titolare Mozart Italia
Le interviste Mediastars XII Edizione
Alex Koban Titolare Mozart Italia
La comunicazione può fare squadra?
La comunicazione deve fare squadra. Per sua natura non è un processo individuale ma collettivo, in cui chi opera è coinvolto nel processo anche come fruitore finale.
Pensa che si possa verificare una combinazione altrettanto fortunata anche per quello che riguarda il settore della comunicazione italiana rispetto a quella estera?
Io credo nel team, ma in Italia il team che dovrebbe essere il più compatto, e cioè quello che coinvolge l’azienda che necessita di comunicare il suo prodotto, l’agenzia e tutte le strutture partner dell’agenzia, non esiste. Ogni anello di questa catena spinge in una direzione diversa con il risultato che non c’è movimento, non c’è spinta in avanti ma solo dispendio di energie. Più che le corrette informazioni su come sviluppare al meglio il lavoro ci si concentra su estenuanti contrattazioni economiche, ognuno per salvaguardare il proprio orticello senza una visione globale dell’insieme.
Crede che il nostro settore sia ben rappresentato dalle Associazioni della comunicazione italiana? Con la vostra struttura o personalmente aderisce a qualcuna di queste? Quanto si sente partecipe delle loro iniziative?
Aderisco alle maggiori associazioni italiane anche se penso che rispetto all’estero abbiano un peso meno istituzionale e più legato all’immagine di rappresentanza della categoria.
All’interno della vostra struttura riesce a delineare quali sono stati i risultati della sua attività di coaching? E in particolare pensa di essere un buon coach di se stesso?
Sotto questo punto di vista ritengo di avere raggiunto dei risultati per me molto gratificanti.
Il nostro team è affiatato e contraddistinto da una partecipazione entusiastica dei membri difficile da incontrare in altre realtà. C’è un’identificazione altissima con il gruppo di lavoro e questa è la mia più grande soddisfazione. Per quanto riguarda me stesso penso di essere un coach nella media. Siddharta era un buon coach di se stesso…
Le è capitato di pensare di aumentare le capacità del proprio team , cercando di migliorare le competenze e le performance relative, intervenedo con un approccio mirato alla collaborazione con professionisti free-lance?
Certo che mi è mi capita di rivolgermi ai free lance. Oggi come oggi trovi tutte le professionalità del processo creativo: fotografi, art, copy, designer 3D ecc. E perché trovi tutta questa gente, a volte anche di talento, disposta a partecipare in modo discontinuo su singoli progetti? Perché le agenzie hanno ridotto il loro organico e utilizzano i free lance per gestire un flusso di lavoro molto altalenante…Quindi utilizzo le collaborazioni free lance ma cerco di farlo in modo che tutti quelli che vi partecipano abbiano il loro vantaggio e soprattutto in modo che l'utilizzo di queste collaborazioni si ponga nel pieno rispetto delle professionalità già presenti in modo stabile nella mia struttura. Proprio in questo periodo stiamo mettendo a punto una piattaforma creativa per i nuovi talenti della comunicazione, che si propone di sviluppare nuove modalità operative nella gestione free lance.
In un mercato sempre più competitivo la motivazione e la forza del gruppo possono essere ciò che fa la differnza. Quali possono essere a vostro giudizio le potenzialità di un buon coaching , dovendo quindi intervenire su team di progetto orizzontali, verticali e anche trasversali?
Fondamentalmente un buon coach deve essere un mediatore che con diplomazia riesce a mantenere la calma nei momenti difficili e che sa mantenere uno standard elevato delle prestazioni della squadra. Anche se sembra un po’ reazionario, questo si raggiunge mantenendo chiari i ruoli e la gerarchia.
Pensa che questo esempio possa rappresentare anche il vostro caso?
Noi fortunatamente ancora non siamo arrivati ad avere una proiezione mentale del nostro gruppo in base ai supposti gradini del podio, anche perché in Italia il mercato non funzione per meritocrazia ma per nepotismo. Onestamente cerchiamo di fare il nostro meglio e con tranquillità pensiamo di occupare una posizione di rilievo. Rispettiamo i nostri competitors e anzi pensiamo che la categoria dovrebbe fare gruppo per affrontare meglio il mercato.