Stefano Corposanto
Il viaggio del Messaggio: Dal brief in poi il messaggio vive diversi processi creativi che fanno in modo che una volta arrivato a destinazione, il viaggio non si fermi...
Stefano Corposanto
Digital Insight Specialist Doxa
Quale metodo deve perseguire il professionista per sviluppare un contenuto di valore che arrivi al destinatario del messaggio e che da lì riparta per prendere nuova vita?
Credo non si possa adottare un metodo unico per tutti i brief, poiché ogni cliente è diverso. Credo anche che fermarsi al brief così com’è possa rivelarsi limitante: il plus spesso sta nel leggere tra le righe di quel brief. Inoltre credo in una dinamicità, ovvero in un continuo aggiornamento di ciò che inizialmente è stato proposto dal cliente. Il brief è solo un punto di partenza, sta poi a noi proporre iniziative ed eventuali modifiche nel corso del progetto.
Penso che oggi più che mai non si possa prescindere dal dato: lo sviluppo di un contenuto di valore, così come la creatività necessita dell’aiuto oggettivo del dato. Siamo sempre stati abituati a misurare dopo, attraverso i dati appunto, le performance di un progetto piuttosto che quelle di un’iniziativa proposta. E perché no, anche quelle di un singolo contenuto postato su Facebook o su Twitter.
Ecco, credo che analisi profonde e dettagliate nel momento in cui il brief viene discusso possano essere di fondamentale importanza al fine di costruire questa dinamicità con il cliente, proponendo contenuti e/o creatività di valore quantomeno a livello oggettivo.
Oggi in quale misura siamo disposti a seguire il content marketing di marca? I social favorendo la condivisione sono il canale ideale per ingaggiare l’utente?
Dire che i social sono il canale ideale per ingaggiare l’utente è corretto. E forse un po’ scontato. È uno dei punti cardine che contraddistinguono i social (appunto) network.
Credo - e spero - che siamo arrivati al punto in cui anche le aziende si stanno rendendo conto che un’enorme base fan non basta più. Certo, 1 milione di follower possono essere meglio di 10 mila, ma non dobbiamo e non possiamo fermarci a questo.
L’ingaggio degli utenti, il creare in loro interesse con i miei contenuti è fondamentale. Ma è sempre più difficile. Per questo credo che sia necessario sapere come sono fatte le persone che stanno al di là dei monitor dei vari social media manager, head of content e content strategist.
10 mila fan non possono per natura essere tutti uguali, anche se organicamente hanno tutti messo like alla mia pagina. Per questo credo che un unico piano editoriale, al giorno d’oggi, sia limitante. Avere anche dei piani editoriali diversi e verticali, targettizzati in base agli interessi dei miei fan potrebbe essere un’arma in più.
Anche in questo caso, il dato a supporto del contenuto potrebbe rivelarsi fondamentale per la creazione di una o più strategia vincenti.
Senza dimenticare che ogni canale social è diverso da un altro. E che il social da solo non basta: non bisogna infatti credere che basti solo questo lato della comunicazione.
Quali sono gli errori da non commettere in comunicazione?
Credo che uno degli errori più grandi che si possano commettere sia quello di essere ciechi o sordi. Nel senso figurato dei termini è chiaro.
Se voglio fare comunicazione, non posso non ascoltare le reazioni del “pubblico” al quale sto comunicando il mio messaggio.
Ci sono brand che non ascoltano queste reazioni, convinti che la strada intrapresa sia assolutamente corretta. Oppure non hanno le capacità di ascoltare gli utenti e modificare la strategia in corso.
Se il cliente non è in grado di ascoltare e modificare il necessario in corsa, credo sia compito nostro far sì che questo accada. Il non saper ascoltare (o peggio il non voler ascoltare) credo sia un errore fatale in ambito comunicazione.