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Alessandro Camaioni

Il viaggio del Messaggio: Dal brief in poi il messaggio vive diversi processi creativi che fanno in modo che una volta arrivato a destinazione, il viaggio non si fermi...

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Alessandro Camaioni
Senior Strategist
Haygarth - Londra (GB)

Quale metodo deve perseguire il professionista per sviluppare un contenuto di valore che arrivi al destinatario del messaggio e che da lì riparta per prendere nuova vita?

Anni di esperienza sia sul nostro territorio che all’estero (per la precisione a Londra) mi hanno portato a credere che la vera questione sia in realtà un’altra: siamo cioè sicuri che il brief che un cliente affida alla creatività di un’agenzia sia effettivamente già portatore di un messaggio?

La mia opinione è che non sia affatto sempre così, purtroppo. Il brief contiene spesso obiettivi aziendali, numeri, dettagli di prodotto e tutta una serie fin troppo lunga di informazioni raramente traducibili (o utili) per il consumatore finale.
Il metodo da adottare allora, sistematicamente, per me diventa quello di navigare attraverso la complessità ed il sovraffollamento di dati e informazioni secondarie fornitomi per arrivare a quel key consumer insight che può, esso sì, fornire lo spunto giusto per identificare un reale “messaggio”. Se il cliente vuole promuovere un nuovo prodotto o servizio, qual è la più grande barriera che promette di superare grazie ad esso? Qual è il benefit in palio per il consumatore?

Le risposte a queste solo apparentemente semplici domande sono sicuramente il punto di partenza, ma spesso anche di arrivo, del metodo che uso per distillare un brief in un messaggio che possa essere poi interpretato creativamente e tradotto in contenuto.
E se questo contenuto tocca veramente, come dovrebbe, le corde del consumatore, parlando la sua lingua, troverà quasi automaticamente nuova vita – specialmente grazie alla forza amplificatrice dei social media.

Oggi in quale misura siamo disposti a seguire il content marketing di marca? I social favorendo la condivisione sono il canale ideale per ingaggiare l’utente?

Tornando al punto precedente, ritengo che avere una content strategy costruita su solidi insight sia assolutamente vitale e fondamentale per una marca. Ma non per qualsiasi marca, e non a tutti i costi. Tutto parte dal capire che consumatore ci si trova di fronte, quanto ricettivo e a che tipo di contenuti.
Anche per questo, ritengo che parlare di “social” come del canale universalmente ideale per ingaggiare gli utenti sia una generalizzazione da non fare.

Usiamo due brand come Beats by Dre e B&O come esempio. Entrambi producono un prodotto, le cuffie, di buona qualità, ma hanno ovviamente target completamente diversi. Se per il primo può rivelarsi una strategia saggia quella di stimolare un dialogo con il proprio target su piattaforme come Snapchat o YouTube (interattive, immediate, istantanee), lo stesso non avrebbe senso per il brand svedese, per il quale probabilmente una content strategy adeguata passerebbe da media più tradizionali e dall’impiego di talent e ambassador riconoscibili per la produzione stessa del contenuto.

Quali sono gli errori da non commettere in comunicazione?

Decalogo? Mi sembra riduttivo!
Devo dire che il “nostro” paese lo seguo ormai poco, vivendo all’estero da oltre tre anni, ma posso sicuramente ricordare casi estremi in cui il contenuto prodotto, spesso sotto forma di reactive marketing, non ha ottenuto affatto i risultati desiderati.
Basti pensare a Barilla, e alla scelta infausta di schierarsi per una posizione conservativa in un contesto culturale in cui vengono premiati (a ragione o a torto) unicamente i brand in grado di sposare una visione più progressista della società.

Io quello lo definisco un errore di comunicazione a prescindere dall’opinione espressa dal presidente di Barilla. Un errore legato proprio all’incapacità di capire il proprio consumatore, evolutosi e cambiato nell’aspetto e nel pensiero rispetto a quello immaginato dal management del brand parmigiano.

È proprio questo, credo, ciò che più di altro bisogna evitare in comunicazione, consegnare un messaggio al consumatore senza provare prima a capirne le pulsioni socio-culturali, senza leggerne tendenze e motivazioni.
L’errore, insomma, di pensare a cosa dire prima di pensare a chi lo si stia dicendo.

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Ultimo aggiornamento:
1 agosto 2022
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