Bruno Ferlazzo
Direttore Creativo On-Comunicazione
Fulvio Zendrini, consulente di comunicazione e moderatore della Tavola Rotonda: Bruno Ferlazzo ci spiegherà come oggi nella realtà odierna lavorare su diversi target significhi utilizzare diversi strumenti di comunicazione. Una volta si sceglieva l’orario televisivo a seconda del diverso target di riferimento, mentre oggi non più.
La società odierna tende ad essere omologata e di conseguenza quelli che erano i cluster di riferimento, in termini di target, tendono ad assomigliarsi sempre di più. Questo processo è possibile vederlo nella moda, nella architettura, nella comunicazione, nella musica, ecc. Questo fa pensare che la difficoltà di intercettare il target sia semplificata, in realtà non è così perché all’interno di questa contraddizione ogni persona, nel suo intimo, vorrebbe essere diversa, in quanto non ama essere omologata e far parte di un gruppo.
Il creativo, quindi, è un operatore della comunicazione e principalmente deve essere dotato di talento. Il talento una persona o c’è l’ha o non c’è l’ha. Il talento non si impara. Un altro aspetto che contraddistingue la figura dell’operatore della comunicazione, e il creativo in modo particolare, è quello di essere un osservatore della società, dell’evoluzione della società. Ad esempio, nel momento in cui si vuole invitare una persona a cena, e se si tiene al suo assenso, si porrà la domanda e l’invito in maniera diversa. Il creativo, il comunicatore deve essere uno psicologo, un osservatore della società e dell’evolversi delle società, e soprattutto deve essere in grado di percepire i cambiamenti e i bisogni. Se si coglie che un determinato target è sensibile a un approccio di un certo tipo, si deve essere in grado di farlo. Farlo in maniera inaspettata e diversa da come l’individuo se lo aspetterebbe.
L’esempio appena citato, ovvero quello di entrare in una banca e trovarsi sorpresi perché la banca ha una tipologia completamente diversa, è un elemento che cambia e che spiazza. La creatività porta a qualcosa, che tu alla fine condividi nel tuo intimo, e ti porta a dire: “Caspita! Questa marca mi ha spiazzato, guarda come è originale!”, nella misura in cui essa sa sempre spiazzare.
Arriviamo,ora, ai new media, e quindi alle nuove maniere di comunicazione. A questo punto si incontrano due mondi, che hanno iniziato a dialogare da non molto, anzi da un punto di vista della tempistica è da pochissimo tempo. Questi due mondi, tecnologia e operatori della tecnologia da una parte e pubblicitari e creativi dall’altra, sono i conoscitori e le sensibili antenne dei vari cluster, che compongono la società. Essi detengono due diversi poter: i primi, cioè gli operatori della tecnologia, detengono la conoscenza delle tante ramificazioni, che permettono di intercettare i target, ma non possiedono la cultura della comunicazione. Al contrario, i creativi e gli operatori della comunicazione conoscono perfettamente la cultura della comunicazione perché l’hanno imparata principalmente laddove si imparava, ovvero all’interno delle multinazionali della pubblicità, che avevano 150 anni di storia alle spalle, però non conoscono perfettamente il mondo della tecnologia. Questi due mondi faticano a parlarsi, a comunicare tra loro perché detengono poteri diversi, ma la situazione sta cambiando. Sta cambiando perché sempre più spesso i conoscitori della tecnologia, del potere della tecnologia cominciano ad entrare nelle agenzie e iniziano, come una carta assorbente, a cogliere la cultura della comunicazione. Di conseguenza, anche noi creativi, iniziamo a capire come far rimbalzare una pallina e che una pallina può andare ad identificare un determinato target e conseguentemente utilizzare al meglio le due conoscenze.
Non c’è dubbio che in questo particolare momento storico e sociale, a mio parere, il valore principale sia ancora perso. Oggi si conosce molto bene dove una pallina può rimbalzare e come può intercettare i vari target, però ancora una volta la cosa più importante è come farlo, cosa dire, e quindi come andare a spiazzare di volta in volta quel signore con il mouse in mano oppure con l’iphone e spiazzarlo. È necessaria sensibilità e avere cultura, nel senso di capire come la società si evolve, e non è vero che la clusterizzazione tende ad appiattire tutto. Occorre trovare la maniera più corretta per spiazzare attraverso l’utilizzo dei media, che oggi abbiamo a disposizione.
Giulio Rodolfo, editore Mediastars: Bruno tu hai esperienza di storytelling, dicci qual è la chiave.
Io, questa volta, rispondo fuori tema. Mi ha coinvolto e sono molto geloso quando qualcuno fa qualcosa che avrei voluto fare io. Il racconto di Giac Casale è una di quelle cose, così come sono geloso di quelle campagne che avrei voluto firmare io e fare io. Vorrei ringraziare Giac, con tutta la mia invidia, par aver scritto un racconto stupendo. Avrei modificato un’unica cosa. Ovviamente sto facendo un ragionamento molto spannometrico. Prima alludevo al fatto che i clusters e i target sono tutti simili. Sto generalizzando. Avrei soltanto sostituito, nella morale finale, la frase “amore per il proprio prodotto” con “amore per la propria poltrona”. Per la semplice ragione che molto spesso fortunatamente non è così. Difatti noi abbiamo clienti in agenzia che continuano a lavorare con noi da 12 anni e altri da 9 anni, e abbiamo un rapporto molto lungo con alcuni clienti. Sto parlando di on comunicazione, per cui se c’è un potenziale cliente trovate l’indirizzo e il sito molto facilmente. Quello che voglio dire è, che molto spesso i clienti credono di amare molto il loro prodotto, ma non è così perché i dati e le informazioni sono degli strumenti molto importanti di conoscenza per il creativo. I dati, però, senza il talento e senza la maniera di comunicare in modo inconsueto, diverso e spiazzante, alla fine non servono a niente. Quindi quello che sembra muovere per il proprio prodotto molto spesso nasconde qualcosa che alla fine diventa un boomerang per la marca stessa.