Antonio Gigliotti
Qual è in Comunicazione il rapporto fra Creatività, Tecnologia e Formazione
Antonio Gigliotti
Client Creative Director
Saatchi & Saatchi
Come si rapportano oggi creatività e comunicazione?
Per un creativo, creatività e comunicazione sono la polpa e la buccia della stessa mela. Comunicare senza un’idea dentro, per me non ha alcun senso. Quello lo lascio fare ai politici, o peggio ai grillini che non ho ancora capito se sono dei politici molto polemici con zero idee o dei polemici con molte idee e zero politica.
Come la tecnica e Tecnologia aiutano la creatività?
La vera differenza nella comunicazione creativa, oggi, la fa proprio la tecnologia, che ha reso praticamente qualunque idea realizzabile, e non solo nella realtà virtuale dei social network e degli smartphone, che ormai sono diventati solo un altro media per comunicare idee, ma anche e soprattutto nella vita reale, sul territorio. Il 3d mapping e la tecnologia led sono alcuni esempi di applicazioni tecnologiche in comunicazione che ultimamente sto seguendo con molto interesse e che davvero stanno cambiando il modo di pensare e comunicare le idee alla gente (cfr. Invisible Mercedes F-Cell 0.0 emissions).
Si può diventare creativi? Qual è l’importanza della Formazione?
Corsi di formazione e aggiornamento sono sempre stati fondamentali per un creativo e sempre lo saranno. Il creativo attinge a un pozzo personale fatto di conoscenze, attitudini, esperienze, sogni e bisogni dettati da una sana competitività e da un ego un po’ malato. Ma non esistono pozzi senza fondo e se non si attinge nuova linfa, prima o poi la creatività si esaurisce o si finisce per ripetere le stesse idee e gli stessi schemi mentali. Una volta c’era Cannes, oggi la rete fornisce un’infinità di input e stimoli creativi per riempire di nuovo il pozzo. Il problema è trovare quelli giusti tra tanta “fuffa” montata a neve da case history finte, infarcite di milioni di visualizzazioni e risultati inventati. Le case sono come i trailer dei film. Più sono spettacolari, più i film sono scadenti.
Come legare creatività a business in una Visione Strategica di agenzia-azienda?
Questa è la vera domanda. Perché me la fate solo alla fine? Scherzo… Per uno che potrebbe scrivere “I miei primi 40 anni”, come Ripa di Meana e che in effetti un libro nel cassetto come tutti i copy ce l’ha (e lo sta scrivendo ndr), il problema del futuro di questo mestiere è il tema del nostro presente. Nel senso che lo affrontiamo ogni giorno dentro e fuori l’agenzia: con l’ufficio finance interno, i clienti in riunione e gli amici al bar. Non so bene chi o quale generazione di creativi ringraziare per la mancanza di credibilità e la pessima reputazione che hanno i pubblicitari oggi, ma di sicuro non è colpa nostra. E qui non scherzo. Ogni giorno ci rimbocchiamo anche le maniche delle t-shirt per portare a casa la pagnotta e dimostrare ai clienti che siamo responsabili, strategici e ragionevoli, oltre che creativi. E spesso ci ritroviamo a fargli da consulenti, psicologi e account, oltre che creativi. E nonostante lavoriamo in grandi agenzie, o forse proprio per questo, nei loro occhi vediamo sempre uno sguardo di malcelata diffidenza o peggio ancora di condiscendenza, un po’ come si fa con i matti. Solo allora, nonostante le massicce dosi quotidiane di Rescue Remedy, sbottiamo e, soltanto allora, spesso, i clienti capiscono che siamo dei professionisti appassionati del nostro lavoro. So cosa state pensando, ma non si tratta di avere un buono o un brutto carattere. Si tratta solo di avere carattere.