Mauro Caoduro
Qual è in Comunicazione il rapporto fra Creatività, Tecnologia e Formazione
Mauro Caoduro
Web Graphic Designer
Isobar Communications
Come si rapportano oggi creatività e comunicazione?
Il rapporto fra creatività e comunicazione non può che essere letto alla luce dell’enorme sviluppo delle tecnologie di comunicazione che caratterizza il tempo presente. Mi riferisco alla generale convergenza digitale, a internet, ai social media, al web partecipativo, a tutti quei fenomeni strettamente interconnessi che hanno di fatto cambiato il modo di comunicare e anche in un certo senso il “fare creativo”.
La situazione attuale impone un radicale cambiamento nella comunicazione di marca. I messaggi confezionati dall’azienda e dall’agenzia hanno un’importanza decrescente di fronte alla mole e alla rilevanza dei messaggi, delle comunicazioni e anche degli artefatti realizzati dagli utenti online in merito alle marche. Se dobbiamo acquistare un paio di scarpe diamo più ascolto al parere di un nostro amico su FB o a un fashion blogger piuttosto che a un’affissione pubblicitaria.
Creatività non significa più - e solo - costruire un oggetto bello e accattivante ma creare qualcosa che chiamerei “intelligente”, portatore di valore o di interesse per le persone (sia esso di tipo ludico, emozionale, economico); qualcosa in grado di guadagnarsi l’attenzione del pubblico immerso nel diluvio di informazioni.
La creatività deve saper cogliere e trasporre nel mondo reale quanto è presente in forma nebulosa nelle aspettative dei consumatori e ancor più sviluppare e proiettare in storie e racconti quella necessità di elaborazione di simboli e miti connaturata all’essere umano.
Come la tecnica e Tecnologia aiutano la creatività?
La tecnologia ci mette nella condizione di avvicinarci sempre più a quella che Pierre Lévy aveva teorizzato come “mente collettiva”. Non si tratta di fantascienza ma più pragmaticamente di prassi comune già in atto nella vita quotidiana. Quando discutiamo online per esempio riguardo a un prodotto o a un servizio, quando rispondiamo a una domanda di crowdsourcing o partecipiamo a una raccolta fondi, in genere proponiamo la nostra esperienza, il nostro punto di vista o competenza. Tale mente collettiva - unione delle menti dei singoli partecipanti - è un potentissimo motore di creatività (intesa nel senso più ampio del termine) capace di generare infinite soluzioni e idee. Esistono tuttavia ombre e perplessità. In merito al crowdsourcing, ad esempio, da un differente punto di vista, questo può essere visto per le aziende come una nuova forma di sfruttamento di un ampio bacino di risorse di lavoro creativo a basso costo.
Il web, garantendo teoricamente a chiunque la stessa possibilità di visibilità e importanza, mette tutto e tutti sullo stesso piano generando inevitabilmente un appiattimento e una mancanza di rilevanza. Bravo e meno bravo, buono e cattivo, eccellente e orribile, sono tutto sullo stesso piano, e spesso chi deve scegliere si rivela incapace di cogliere la differenza.
Si può diventare creativi? Quale è l’importanza della Formazione?
Ho sentito dire che esistono due tipi di creativi: quello genuino, innocente, che ricerca la soluzione sforzando al massimo la propria mente per creare qualcosa di nuovo, perfetto, unico per quel cliente o progetto; e quello di esperienza, che utilizza soluzioni che esistono già montando assieme parti, concetti, strutture già sperimentate.
Io non credo in questa netta separazione, penso sia una miscela variabile delle due componenti; anche perché penso che il creativo genuino rischia oggi di lasciarci la pelle anzitempo per la fatica.
Tuttavia in entrambi i casi se non è presente una qualche sensibilità estetica, visiva, poetica insomma una qualche fibra artistica nel dna, di quella persona non potrà mai venire fuori un granché.
Come legare creatività a business in una Visione Strategica di agenzia-azienda?
La figura del creativo così come il ruolo della creatività all’interno dell’agenzia nel corso degli anni si è modificata tantissimo. Penso ad esempio alle agenzie pubblicitarie degli anni ‘70 e ‘80 che ho intravisto a scuola, oppure ai personaggi anni ‘50/’60 della serie americana Mad Man. In effetti è il mondo circostante a essere cambiato tantissimo. Il ruolo carismatico, da guru, del direttore creativo si è man mano affievolito per una lunga serie di ragioni. Di pari passo è il ruolo stesso della creatività a essere diventato laterale, quindi non più centrale nella questione “business”. Credo ci sia bisogno di una rivalutazione. Sono convinto che la parte creativa possa essere una guida e possa tradurre efficacemente l’attuale importantissimo spostamento della comunicazione di marca verso il territorio dei social media, perché è una sfida che riguarda soprattutto i contenuti.