Ivo Milazzo
Autore e Presidente Associazione Illustratori
Come spiegare la passione per il fumetto?
Quando avevo circa vent’anni, mi sono reso conto che dovevo capire cosa stavo facendo e chi ero, a livello umano e professionale. Chi ha un dono di natura, è privilegiato rispetto a altri che devono cercarne uno. Io, per lungo tempo, sono stato stordito dalla innata capacità di prendere il pennello in mano e raccontare delle storie. Ero impegnato a capire se sarei riuscito a esprimermi in quel settore e poi se sarei riuscito a mantenermi. Allora si pensava ancora che le storie a fumetti arrivassero direttamente dall'America. Noi invece avevamo la cultura ufficiale che aveva relegato il fumetto a una sottocultura o a un prodotto per bambini. Quando La Repubblica fece uscire la collana dei fumetti, allegandola al quotidiano, ricordo di aver visto per la prima volta dei manager entrare in edicola e chiedere il fumetto, come se i fumetti fossero stati improvvisamente sdoganati dall'antico retaggio postbellico. Prima lo prendevano e lo mettevano tra il “Il Sole 24ore”, come fosse una rivista ose'.
In realtà il fumetto o il cartone animato, sono mondi paralleli e trasversali che hanno a che fare con un referente fondamentale che è il pubblico. Il fruitore è l’elemento che mancava quando cercavo di capire se esistevo, professionalmente parlando. non avevo capito per chi stavo disegnando; lo facevo per l'editore e per me stesso, ma non avevo compreso del tutto che potevo e dovevo interagire con il pubblico. E ancora adesso penso che sia necessario farlo. Il fine del processo creativo di comunicazione, sia pensato per l’adv, per il cinema o per il fumetto, è quella di arrivare a suscitare un’emozione.
Parlando della carta stampata, resisterà all’avvento di massa delle nuove tecnologie?
La tecnologia è il progresso ed è sempre sbagliato demonizzarlo, ma penso anche che ci sia sempre una differenza tra mondo virtuale e mondo reale. E’ diverso possedere un libro o vedere un quadro dal vero o ancora leggere un fumetto toccandolo con mano dalla sola trasmissione del virtuale che nega il piacere fisico. E’ pur vero che questo permette di trasmettere una creazione anche senza il tramite dell'editore. Oggi ci sono autori e cantanti che sono diventati tali anche senza avere una casa di produzione alle spalle, perché si sono espressi in maniera virtuale.
Tuttavia penso che la cosa essenziale sia un'idea che abbia una valenza di comunicazione a vari livelli e che la meta che bisogna prefiggersi sia quella di arrivare a un pubblico più ampio.