Il buon uso del Testimonial
Dottrina e Prassi
Spot Lancia Lancia Delta LX con Catherine Deneuve (1982) - Spot80 - Torinointernational.com
Oui je suis Catherine Deneuve
Tutti ricordano il testimonial. Quanti il nome del prodotto?
Cavalcare l’evento, impadronirsi del mito del momento e sfruttare gli effetti del consenso popolare per affidargli “l’affermazione d’autorità” a beneficio di un prodotto, è legge antica della comunicazione commerciale.
Ma…attenzione.
Prima regola: ricordiamo che il testimonial deve operare in funzione (ed entro i limiti) di supporto alla comunicazione. Per cui va usato con cura e con le dovute cautele lungo tutto il percorso che va dall’accaparramento del personaggio (noto) all’abbandono (obbligatorio) quando inizia la fase calante degli indici di gradimento e popolarità.
L’operazione è comunque a rischio (calcolato): caducità della fama e vulnerabilità del personaggio costituiscono limiti non preventivabili.
Per introdurre il tema può essere utile – e anche dilettevole – una storicizzazione del fenomeno: i maestri ci danno una casistica ad ampio spettro: dalle star del cinema impegnate a favore di un sapone (credibilità e pertinenza a braccetto), alla First Lady che tranquillizza sulle virtù della margarina negli scenari domestici; per finire all’anonimo modello bendato delle camicie Hathaway, lanciato dal grande Ogilvy, che farà uscire dall’anonimato la marca e sé medesimo. (E qui anticipiamo il problema cannibalizzazione delle Celebrity, che esamineremo poi nel dettaglio).
Abbiamo poi (anni ’50) lo scoppiettante stato nascente di Carosello, dove imperava comunque l’attore, anche di media notorietà, ma unico personaggio – ai tempi – abilitato all’interpretazione di un prodotto. E che correva in parallelo all’eroe inventato dei cartoon, tanto cari alla platea dei minori. Altro esercizio didattico, utile a fissare le idee, può essere l’inventario dei caratteri, ovvero il catalogo delle possibili categorie di scelta.
L’excursus storico, l’indagine sui caratteri, ci aiutano in pratica a chiarire la nozione/definizione di testimonial. Si evince, dai casi emblematici presi in esame, che…nell’ambito del marketing mix, all’interno dell’attività comunicazionale, il testimonial si configura come la scelta strategica di chi cerca una soluzione di comodo e di pronto impiego per mettere in moto la macchina distributiva.
Il testimonial diventa così un acceleratore privilegiato del processo di vendita: al personaggio si dà il prodotto in affido per un messaggio a presa rapida.
Basta la notorietà o serve il valore aggiunto della pertinenza?
Tra Sophia Loren che vende indifferentemente pellicce e prosciutti è preferibile l’attore esordiente che può cucirsi addosso il prodotto. Cito l’esperienza diretta per Valda con il comico (allora emergente) Paolo Hendel, scoperto e intensamente voluto dal compianto Marco Mignani.
L’operazione consentiva di:
- avere un legame plausibile tra il prodotto e il fruitore (l’attore consuma voce e dunque pastiglie per la voce);
- offrire un’operazione a basso costo produttivo, l’attore, con la sua mimica, regge i PP, ha bisogno di un set minimale, consente di tenere in campo il prodotto per tutta la durata dello spot. Il personaggio, quando non è una superstar, costa ancora poco: e la pubblicità gli fa da vetrina, da trampolino di lancio, giova anche a lui.
A chi giova?
L’utilizzo del testimonial in genere mette in moto un meccanismo di reversibilità spesso perverso: il personaggio che dovrebbe conferire notorietà al prodotto incrementa a sua volta la propria popolarità a tal punto da vampirizzare la comunicazione, diventando più importante del prodotto stesso.
Citiamo i casi eclatanti: Calindri – Cynar. Oppure il fenomeno di Christian De Sica che, sfruttando il successo di uno spot, si è riproposto come attore per il grande schermo, imponendosi come insostituibile protagonista dei film-panettone.
E le azioni di Massimo Lopez non sono salite proprio in virtù della magistrale interpretazione dello spot SIP?
Una telefonata ha allungato la vita e…anche la carriera.
L’impenetrabile, enigmatico volto dell’uomo bendato della camicia Hathaway non ha forse raggiunto un indice di visibilità a livello mondiale, un’esposizione che nessuna locandina teatrale avrebbe potuto garantire?
E i ‘militi ignoti’ che prestano la loro opera solo come comprimari o come spalla del testimonial, e usano lo spot per diventare finalmente famosi? Memorabili la nonnina ACE, la Natalina del caffè Lavazza, l’Ambrogio di Ferrero…
Storici i diversi “testimonial per una volta” a basso costo schierati da Jagermeister.
C’è infine chi risparmia sui testimonial e vuole presenziare il set in prima persona: vedi Rana, vedi Amadori. Ma questa è un’altra storia…
Fedeltà e caducità
Il legame prodotto – personaggio può diventare una “liaison dangereuse”, un vincolo ricattatorio da pagare in caso di scioglimento del matrimonio (soprattutto per il produttore) che diventa testimonial – dipendente e si trova un target assuefatto a una determinata immagine, a una determinata voce.
Per introdurre un successore ci vorranno tempi lunghi. Non solo: il pubblico, nei periodi di interregno, resterà confuso, non si ritroverà con il proprio beniamino.
Prendiamo il caso Lavazza – Nino Manfredi: quando, dopo una vita al servizio del caffè l’attore passa a lavorare per la Molisana senza un intervallo interlocutorio, senza soluzione di continuità, come viene vissuto e soprattutto come e in che misura viene creduto?
Nei primi tempi continuerà a portare acqua alla causa del caffè. Poi arriveranno Bonolis e Laurenti a colmare il vuoto. Per sempre.
Seconda considerazione: niente è più effimero del successo, della fama. Gestire un uso corretto del testimonial significa saper capire i tempi del declino, prevedere tempestivamente il calo di appeal. Bisogna preventivare gli accadimenti che provocano la caduta d’immagine: guai giudiziari, la vita privata, il fiasco di uno spettacolo.
Quanto costa
Più il testimonial è importante, più appartiene all’elite dello star system, più costa: a tal punto da erodere parte consistente del budget pubblicitario.
Ecco che per pagare il testimonial bisogna ridurre l’investimento medio, le frequenze, le spese promozionali, i collaterals. Soprattutto in tempi di oculata amministrazione bisogna fare i conti con questa realtà, valutare se vale la pena investire in un personaggio anziché in una azione articolata con strategia a lungo termine.
Teniamo poi presente, a proposito di costi, che il testimonial è persona per vizio professionale naturalmente molto interessata al cachè, deve mantenere in genere una corte di agenti, procuratori, guardie del corpo. I suoi consiglieri lo assillano, lo invitano ad approfittare il più possibile in tempi di vacche grasse, per esorcizzare i fantasmi del viale del tramonto…
Guai a chi si innamora troppo del testimonial fino a diventarne succube. Le cronache rosa hanno fatto scempio di un capitano d’industria che aveva perso letteralmente la testa per la starlettina del suo dentifricio (altro boomerang sempre in agguato, il gossip guasta-immagine…).
C’è chi si è affidato al campione sportivo coprendolo d’oro e indebitandosi sino al punto di sacrificare gli stipendi dei diretti dipendenti…
Questi i pericoli: per cui sarà bene tenere pronta la soluzione di ricambio per il giorno della “caduta degli dei”. Pensando e lavorando in una prospettiva a respiro strategico.
CONCLUSIONE: (Consigli per gli acquisti)
Quando, come e quale testimonial scegliere per fare le fortune di un prodotto? Naturalmente non c’è un segreto, ma alcuni accorgimenti da mettere in atto al seguito del proprio intuito professionale.
La legge fondamentale che dovremmo tener presente è comunque questa: il testimonial deve essere congeniale al prodotto e sintonico col target di riferimento. È inutile utilizzare una rockstar se devi parlare a delle vecchiette o affidarsi alla Montalcini per vendere Big Bubble…
Teniamo presente che i personaggi sportivi segmentano automaticamente il mercato: i coppiani non useranno mai una lama Bartali. E in Italia siamo coppiani o bartaliani…milanisti o interisti.
Per confortare le nostre scelte oggi possiamo contare comunque su strumenti di guida e di controllo sufficientemente affidabili (indici di gradimento, di notorietà, attualità, appeal): ma non basta..
Prima di siglare un contratto sarà bene mettersi al tavolo con l’aspirante testimonial, guardarlo negli occhi, parlargli, cercare di conoscerlo a fondo anche nei suoi tratti umani: i divi spesso e volentieri sono capricciosi, bizzosi, insicuri e talvolta persino arroganti: se creano difficoltà di rapporto su un set, immaginatevi quanti problemi potranno creare al prodotto…
Comunque in bocca al lupo a tutti (non si dice così nel mondo dello spettacolo?). E guardiamo in questa carrellata quelli che ci hanno messo la faccia dalle origini ai giorni nostri.
Cesare Righi