Pietro Dotti
Presidente di J. Walter Thompson Italia
Pietro Dotti Presidente di J. Walter Thompson Italia
Esiste un “modello di comunicazione” in grado di controllare la Brand Experience?
Come le agenzie di comunicazione si stanno attrezzando per crearlo in un prossimo futuro?
Non credo esista un modello univoco, ma piuttosto che abbia sempre più rilevanza l’approccio strategico, e per questo motivo la nostra agenzia parte sempre da uno studio approfondito del posizionamento di prodotto, esclusivo e caratterizzante, che precede l’idea creativa. Il posizionamento porta poi ad uno studio di ‘brand idea’ che dovrà essere applicata ai mezzi più disparati, dalla televisione alle promozioni, al BTL al Digitale. Questo è il nostro metodo sicuramente efficace e al passo con i tempi che ci vedono alle prese con dinamiche sempre più complesse. Anche quando si ha a disposizione mezzi come internet e marketing virale, a mio parere è sempre più fondamentale partire da un positioning strategico.
Quali conseguenze comporta l’attenzione che le aziende riservano alle attività di comunicazione e alle particolari strategie proprie della Brand Activity?
L’esigenza di cambiamento si avverte fortemente, e questo è dimostrato dal fatto che negli ultimi anni si è affermata una nuova cultura di comunicazione, che non si limita più solamente all’advertising classico, ma a forme alternative che permettano di entrare in contatto diretto con il target. Ormai nessun cliente si limita alla richiesta di spot pubblicitari o campagne stampa, ma la richiesta più frequente è quella di un progetto creativo di IMC, Integrated Marketing Communication, che possa essere declinato su tutti i mezzi. Insomma, diventa sempre più importante tutto ciò che fino a poco tempo fa veniva chiamato Below the Line. Adesso credo che non esista più questa linea di divisione. Il ricorso a mezzi alternativi in comunicazione è, inoltre, abbastanza tipico nei periodi di crisi, perché mediamente i mezzi alternativi costano meno e soprattutto offrono un ritorno immediato, in termini di numero di contatti e cifre quantificabili. Questo fatto, in periodi di difficoltà, offre qualche certezza.
Da qualche tempo stiamo osservando un certo sviluppo per alcuni settori del mondo della comunicazione. Esistono media che garantiscono un approccio privilegiato all’utente finale?
Io credo proprio di sì. Recentemente ad esempio, siamo stati incaricati di lanciare per Nestlè la nuova formula di Kit Kat, un marchio storico che ha cambiato ricetta e packaging; non con un budget plurimilionario, ma un budget contenuto, con la conseguente impossibilità di utilizzare i media tradizionali come ad esempio la televisione; abbiamo quindi optato per una campagna alternativa utilizzando prevalentemente internet, operazioni di guerrilla, promozioni, e l’esito finale è stato un grande successo, soprattutto in termini di vendite. Questa è la dimostrazione che con budget contenuto, ma usando strategicamente i nuovi mezzi a disposizione della comunicazione di marca, è possibile ottenere risultati brillanti.
Credo inoltre che anche i social network siano mezzi interessantissimi, se utilizzati bene. Anche se il rischio più grande è che il brand possa scappare un po’ di mano. Agendo tramite questi nuovi canali, molto più immediati e interattivi,non è difficile ritrovarsi con campagne rifatte da alcuni utenti, o talvolta prese in giro. Questo perchè gli utenti stessi hanno massima libertà. D’altra parte però si tratta di canali che possono garantire grandi risultati, in tempi veloci e a basso costo.
Quanto può ritenersi opportuno l’utilizzo di testimonial per un’efficace comunicazione del Brand?
Personalmente combatto da sempre l’utilizzo dei testimonial, perché credo che ricorrere ad essi sia un po’ la morte della creatività. I creativi tendono ad utilizzare questa soluzione quando mancano le idee. Il testimonial non è un’idea, può al massimo accelerarla. Questo è uno dei motivi, a parer mio, per i quali la creatività italiana non ha successo all’estero: usiamo troppo i testimonial, che si dimostrano spesso un’arma a doppio taglio, un rischio, perché spesso tendono a fagocitare il prodotto. Per tutti questi motivi in questi ultimi anni non abbiamo mai utilizzato testimonial e diverse nostre campagne studiate qui in Italia vengono poi veicolate facilmente anche all’estero. Abbiamo vinto cinque Leoni a Cannes negli ultimi cinque anni, e questi premi sono il frutto di una strategia precisa e coerente.
Per concludere, un augurio per il settore della comunicazione italiana?
Credo che sia necessario rimetterci tutti in discussione. Le agenzie stesse devono ridiscutere i propri modelli, per essere sempre più multidisciplinari, per avere al proprio interno capacità diverse che pensino ed agiscano velocemente, ottimizzando i costi. Il mercato oggi offre un’offerta enorme, ma non sempre qualificata. Mi auguro che alla fine di questo periodo complicato possa nascere un sistema più attuale e anche più professionale. È importante, infine, investire sui giovani. E questo spesso non avviene, ci si limita a ristrutturare e i primi a rimetterci sono proprio loro. Un’agenzia che non investe in talenti e in ricerca è un’agenzia limitata.