CHEESE!
Non è vero che non c’è niente da ridere. Non è vero che siamo (solo) quelli del Mulino bianco, del mammismo, del bianco maniacale, dei sedotti dai modelli di vita (bellone e palestrati alterego antropologico del prodotto.). Cannes ha insegnato che - per vincere - ci vuole ironia in dosi industriali.
L’Italia si è adeguata, ma la predisposizione al sorriso – casomai contrastata dai clienti –era nel dna dei grandi copy da Barbella a Pirella, da D’Adda al compianto Enzo Baldoni..La scuola dei giovani Saatchi&Saatchi e Publicis ha premuto sull’acceleratore. Ma non dimentichiamo l’approccio testiano al caffè. E oggi persino l’acqua sorride con “suor” Pia Velsi..
Ripercorriamo le tappe degli spot “cult” alla voce ironia. Risale al 1984 la demistificazione della modella con la ragazza cicciona Vigorsol – 1994:
il tormentone SIP (la telefonata che allunga la vita) sbarca e sbanca a Cannes. Il leone premia Alessandro D’Alatri (già autore di Ciribiribì Kodak) e il Baffo nazionale Massimo Lopez. Il secolo-millennio gira a mille con Fiat Doblò (guidata dai bobbisti giamaicani). C’è un detersivo – Svelto - che cambia strada con la prova su strada: non sono sgommate ma pentole sgrassate. C’è il trionfale ingresso di George Clooney col “No Martini, no party”. C’è l’inatteso “buonaseeera” di Sorvino per il cogli l’attimo Fiat(Leo Burnett). E chiudiamo con il telefono: che bravo il cagnolino Shonik che sceglie la cabina dove fare pipì nella corsa competitiva inaugurata da Infostrada.
Attenzione: non superare i limiti del buon gusto e del politicamente scorretto. L’indice di sgradimento dello scoiattolo-petomane insegna…