Simone Pase
L'intrattenimento in comunicazione per un coinvolgimento unico
Simone Pase
Account e Responsabile delle Relazioni Esterne
Vittorio Mancini & Associati
Crede che l’intrattenimento attraverso il sorriso in tutte le sue espressioni possa rappresentare una tecnica di comunicazione interessante? Pensa che si possano riprodurre elementi che richiamino l'ironia anche con tecniche di visual?
In generale, ironia e umorismo sono qualità assai delicate da veicolare (per le agenzie) e alle volte sottili da cogliere (per i destinatari).
Di norma nel packaging - in cui il messaggio deve essere chiaro e d’appeal per agevolare istanteneamente la scelta a scaffale - è opportuno calibrare la comunicazione in relazione al target contesuale e semplificarla il più possibile. Ricordiamoci che ogni buona strategia di comunicazione – di cui il packaging è un vettore fondamentale – deve tener conto del target di riferimento, delle sue esigenze e soprattutto dei suoi linguaggi. Una confezione di giocattoli, di patatine o di snack è più facile che prediliga una grafica basata su colori sgargianti o sull’ilarità.
Di sua iniziativa il packaging è difficile che persegua questa strada, a meno che non si trovi in accordo con una campagna advertising precedentemente coordinata. Il rischio è quello di produrre oggetti belli ma meno codificabili, che faticano a raggiungere un quantitativo critico di vendita soddisfacente per il brand (tradizionali).
Detto questo, fortunatamente non tutti i brand rappresentano lo stesso mondo, per esigenze di posizionamento e differenziazione. A livello valoriale ed estetico, prendiamo ad esempio un prodotto come i Sofficini Findus o un brand come Sammontana, cui rispettivamente pack e logo richiamano immediatamente lo scherzo e il riso. A livello advertising invece, menzioniamo un branb come Chupa Chups che ha fatto dell’ironia il motore principale della propria comunicazione ma ha mantenuto nel tempo un pack sempre uguale.
In conclusione, nel packaging è possibile comunicare il sorriso con forza, ma sono l’advertising o le metodologie più innovative di pubblicità a rappresentarlo meglio e a raccontare in maniera più circolare la storia della marca.
Quale è l’importanza dell’esperienza ludica, del gioco, nell'intrattenimento dell’individuo? Quanto è importante creare un meccanismo interessante, per ottenere l'attenzione e divertire le persone facendole anche riflettere?
Il gioco – e il relativo coinvolgimento del target – è oggi diventato un obiettivo imprescendibile della marca. Il packaging è solo uno dei tanti catalizzatori agenti affinché venga agevolato il contatto sistematico tra la marca e l’audience (potenziale o già fidelizzato).
Il mondo della marca è oggi un motore bipolare, caratterizzato dalla continua negoziazione tra la stessa e i suoi followers: è nell’interesse della marca ascoltare il consumatore per capirne a fondo necessità e punti di vista. Le marche interagiscono con i propri destinatari attraverso un ventaglio di elementi strategicamente coordinati (e collegati) tra loro quali packaging, il sito web, applicazioni mobili, i social network, etc. Una volta entrato in questo circuito, il consumatore viene stimolato costantemente al fine di coinvolgerlo e successivamente affezionarlo al brand e al suo modo di raccontarsi.
Il gioco è un mezzo che permette ai consumers di percepire la marca come vicina: un’amica, una compagna, personalizzabile e consultabile istantaneamente, una confidente con cui interfacciarsi. Il grande potere della marca consiste nella possibilità di vincolare a sé stessa e ai suoi percorsi comunicazionali gli utenti, a costi ridotti e con estrema naturalezza.
Oggi la marca è in grado di stimolare direttamenete il consumatore e di accompagnarlo ogni giorno, attraverso processi semplici quali la richiesta di opinioni on web, o più complessi come l’organizzazione di concorsi, eventi ed iniziative relative al tempo libero.
Quanto è importante far sentire ogni individuo una persona speciale cercando di renderlo davvero protagonista, motivandolo e facendolo diventare così brand partner? Far star bene il consumatore ricaricandolo di energia rinnovata, come crede possa essere legato alla parola, spesso abusata, di benessere?
E’ necessario che il consumatore si senta al centro del circuito comunicazionale e che percepisca la marca come prossima, come un’istanza con cui interagire in modo paritetico.
Per quanto riguarda il benessere, credo che questo concetto non sia tanto trasferibile – rappresentabile sì – attraverso una campagna di comunicazione (o altre dinamiche mediali), ma che piuttosto rappresenti uno stato, un percorso relativo al modus vivendi – et consumendi, dal punto di vista della marca – della singola persona.
Oggi le marche cavalcano il trend della salute perché esso rappresenta un segmento di mercato sempre più in espansione, ma sono davvero pochi i brand in grado di interpretare una legittimità etico-alimentare e di offrire ai consumatori una platform di benessere seria e completa.