Davide Besana Direttore Creativo Besanopoli
Le Interviste Mediastars XII Edizione
Davide Besana
Direttore Creativo Besanopoli
Ricordando le molte vittorie nel campo sportivo dei nostri colori, pensa che si possa verificare una combinazione altrettanto fortunata anche per quanto riguarda il settore della comunicazione italiana rispetto a quella estera?
Le vittorie nello sport, purtroppo, hanno ben poco a vedere con il lavoro in comunicazione. La Ferrari è un gruppo internazionale in cui gli italiani contano relativamente, negli altri sport siamo sotto la media delle altre nazioni: il medagliere deve essere proporzionale al PIL, alla popolazione, o inversamente proporzionale alla istruzione?
In Italia siamo in crisi, e credo che la globalizzazione abbia fortemente penalizzato il nostro modo di lavorare. La nostra creatività è frutto di un mix di cultura, gastronomia, opere d'arte, studi classici, abitudine al bello e arte dell'arrangiarsi, che si sviluppa al meglio all'interno di aziende con una disorganizzazione di tipo familiare, in cui nessuno fa esattamente quello che era previsto facesse; siamo abituati a seguire l'intuito e far valere le nostre inclinazioni.
Il sistema globale, che è poi quello anglosassone, pretende invece una specializzazione per cui andiamo in crisi, e non siamo più competitivi. Abbiamo sbagliato a sperare di poterli battere sul campo, noi siamo per la resistenza passiva e per la guerriglia.
Un esempio è il cinema, eravamo i migliori e non siamo più nessuno, un'altro la moda, dove primeggiano gli stilisti e vanno male le aziende.
Crede che il nostro settore sia ben rappresentato dalle Associazioni della comunicazione italiana?
Le associazioni sono importanti ma devono ancora svecchiarsi e trasformarsi in società di servizio, in sindacati, per adesso si parlano abbastanza addosso, anche se , mi sembra, ci sia un po' di luce in fondo al tunnel.
Le e' capitato di pensare di aumentare le capacita' del vostro team, cercando di migliorare le competenze e le performance relative, intervenendo con un approccio mirato alla collaborazione con professionisti free-lance?
La qualità che ci rende competitivi nasce da un notevole interscambio di informazioni all'interno del gruppo: cerchiamo di spiegare a tutti gli obiettivi dei progetti, di metterli nei panni dei clienti per evitare di disperdere energie su strade senza uscita. Per questo siamo piuttosto restii a collaborare con esterni, che spesso non capiscono un tubo di quel che devono fare.
Quando si tratta di progetti grossi, diciamo quelli che durano più di sei mesi, allora lavoriamo con esterni, per assicurare al cliente un team professionalmente ineccepibile e della giusta dimensione.
In un mercato sempre piu' competitivo la motivazione e la forza del gruppo possono essere cio' che fa la differenza. Cosa pensa a questo riguardo?
Mi sembrano problemi di ogni azienda. Difficile paragonare Avis e Besanopoli, comunque!
Da noi, come in una grande agenzia, sarà sempre l'intelletto a vendere, il sistema è una necessità per abbattere i costi.
Noi scegliamo solo gente motivata e intelligente, e speriamo che loro apprezzino le occasioni che gli offriamo, come lavorare per progetti internazionali a poco più di vent'anni. Gli slogan servono quando non si ha o scambio diretto, quando si è in troppi per poter passare il tempo insieme.
Quello in cui spero è che i nostri lavori e il nostro approccio vengano comunicati nel giusto modo, all'interno della agenzia come ai clienti, di modo che i nostri collaboratori possano comprendere la particolarità della struttura, e decidere quanto dedicarci delle loro energie.