Design X-Profit
Strategie comunicative a lungo termine
Presso la sede nazionale AIAP - associazione italiana progettazione per la comunicazione visiva - mercoledì 29 settembre, in occasione della Settimana della Comunicazione 2010, si è tenuta la tavola rotonda “Design X-Profit. Il ruolo del progetto e del progettista nella grafica marketing oriented”. Toni vivaci e spunti provocatori hanno suscitato in noi diverse riflessioni in merito.
Quale primo appuntamento di una serie che AIAP intende portare avanti nel corso dei prossimi mesi, la tavola rotonda “Design X-Profit” ha sortito i risultati sperati per adesioni e per interesse rivolto al tema affrontato. Il ruolo del progetto grafico nel mercato moderno è stato scandagliato puntando i riflettori sull’inevitabile raggiungimento degli obiettivi di business dell’impresa.
Per l’occasione sono intervenuti senior designer e direttori creativi di alcune tra le principali agenzie di brand design italiane e non: Giovanni Brunazzi per Brunazzi&Associati, Elio Carmi per Carmi&Ubertis, Chiara Sozzi Pomati e Gianni Tozzi per FutureBrand, Antonio Pace per Inarea, Sergio Infuso per Interbrand, Alessandro Bolchi per Landor, Pietro Rovatti per Lumen, Massimiliano Bosio per Nascent Design e Roger Botti per RobilantAssociati. Ha fatto da quinta scenografica alla tavola rotonda, inoltre, una mostra che si protrarrà presso la sede AIAP di via Ponchielli 3 a Milano per un intero mese e che ha visto le agenzie partecipanti esporre propri recenti progetti di graphic design (alcuni nelle immagini a supporto).
Nell’unanime convinzione che non esista un progetto senza profitto - inevitabile quindi la sua “iscrizione” in un modello economico, togliendo al termine un’accezione negativa- appare indispensabile contestualizzare il progetto in modo corretto nell’attuale sistema di comunicazione sempre più trasversale.
AIAP
associazione italiana progettazione per la comunicazione visiva
Moderati da Gaetano Grizzanti, brand designer Univisual e consigliere nazionale dell’associazione, i relatori hanno risposto a domande in un crescendo di provocazioni, facendo emergere un desiderio di progettualità dinamica che vede la cultura di progetto “vivere” nella cultura d’impresa alla ricerca continua di strategie di brand identity a lungo termine. Lo scopo dell’incontro è stato, così, duplice. Da una parte, si è sottolineato il ruolo ricoperto dalla grafica nel garantire il successo di un’azienda o di un prodotto; dall’altra, si è analizzato il luogo comune che tende a vedere l’utilizzo di una “grafica senza cultura di progetto” alla base del raggiungimento degli obiettivi di business di un’impresa. Soddisfare sia i bisogni “funzionali” del committente sia quelli “progettuali” del designer ci pare tuttavia auspicabile, nell’ottica di un comune obiettivo di successo comunicativo.
Progetti funzionali e convincenti
Nel momento in cui un designer si appresta a lasciare un segno, a progettare, deve in primis capirne il valore, essere in grado di spiegarlo, conferendone carattere e contenuto. Elio Carmi apre la serata in maniera passionale, se così si può dire, ma non solo, sottolineando che chi fa questo mestiere da molto tempo, lo fa con passione indipendentemente dall’entità del lavoro che si appresta a svolgere. L’approccio concettuale al progetto resta quindi sempre lo stesso.
Carmi&Ubertis per Alemagna
Questa premessa è doverosa tanto quanto centrale è il concetto che “non possa esistere progetto che non sia iscritto in un modello economico”, basato sulla rete di individui che formano la nostra società, il cui sistema di comunicazione è trasversale e consente, e consentirà sempre di più, attraverso la redemption delle dinamiche del dialogo e della comunicazione uno a uno, di stabilire cosa valorizzare o meno in una brand. Detto questo emerge la marca quale entità concettuale, sempre più centrale, in grado di trasmettere valori emozionali e significati aziendali, con il compito di sviluppare capitale d’impresa e con il marchio quale garante.
Inarea per Eni
Il designer lascia un segno, realizza un progetto grafico per la produzione di conoscenza dei valori dell’azienda. Il marchio rappresenta un valore per la marca e, in ultima analisi, per lo stesso designer che lo crea. La ricerca dei valori nel profondo dell’identità d’impresa le garantisce quella marcia in più per emergere dalla generale omologazione di mercato.
Nascent Design per Unieuro
Questa analisi rende funzionale e convincente un determinato progetto grafico, senza che questo debba rispondere necessariamente a criteri estetici che, in quanto soggettivamente interpretabili e valutabili, rimangono poco attendibili e giustificabili. I designer diventano, quindi, l’elemento cardine di un mix di progettualità nuova. Non sono portatori di valori estetici, ma artigiani capaci di valorizzare le diverse identità al fine di conferirne valore differenziante. Se saranno in grado di assolvere questo compito non avranno difficoltà a stare sul mercato, anche se resta chiaro quanto il sistema in cui operano sia composito e sovraffollato, come è altrettanto chiaro quanto sia indispensabile per il loro lavoro confrontarsi quotidianamente con il sistema commerciale di mercato.
Profit X-Design
Brunazzi e Associati per il Comune di Torino
In un rapporto costruttivo con l’azienda, l’ottica diventa scegliere un progetto perché si pensa che possa funzionare anche sotto il profilo del ritorno economico, non solo nel breve termine, ma soprattutto nel lungo termine, perché trae spunto e si fonda su un sistema valoriale forte e convincente. Si parte dal presupposto che un’agenzia sia in grado di offrire all’azienda un progetto che risponda a requisiti di efficienza; creato inoltre nell’ottica marketing oriented, deve conferire alla marca quei valori emozionali oggi decisivi al raggiungimento di un giusto profitto.
Interbrand per il Gruppo Cogetech
Ne deriva quindi che la cultura del progetto debba entrare nell’animo dell’azienda. L’agenzia, trovandosi a operare in un’Italia dove il mercato in termini di potenzialità di business sul branding è infinito, deve impostare il proprio modello di business in quest’ottica. Occorre lavorare con decisione alla costruzione della marca in un sistema di mercato ormai globale.
Landor per Citroën
Naturalmente, il progetto grafico comunicherà bene solamente se fondato su approfondimenti e attente ricerche di mercato, da svolgersi per fare emergere valori emozionali in piena coerenza con la cultura aziendale che si vuole rappresentare. In altri termini, si può anche affermare che l’agenzia di design debba imparare a essere sempre più imprenditrice di sé stessa, senza naturalmente che tutto ciò metta in discussione il suo ruolo professionale.
Lumen per Bioclin
Le aziende, dal canto loro, devono imparare a vedere il design quale strumento in grado di rappresentare, interpretandoli al meglio, i propri valori fondanti. Cultura di progetto e cultura di impresa possono, così, trovare un punto di incontro nella costruzione di un’identità visiva di valore. Il raggiungimento di questo obiettivo è però graduale, lungo, faticoso, e, perché no, anche costoso.
Quanto emerge da questa tavola rotonda, almeno a livello di obiettivi finali, è come azienda e agenzia abbiano sempre più affinità - e più crescono i momenti di incontro, maggiori sono le possibilità di ottenere risultati significativi in termini di comunicazione globale.