Intervento di Stefano Colombo
Atti della Tavola Rotonda del 28 Maggio 2008
Stefano Colombo Direttore Creativo e Head of Art Publicis
“Ringrazio e vado subito a metter in evidenza una caratteristica particolare, relativa a quello che è emerso finora all’interno del nostro dibattito.
In passato ho avuto modo di conoscere a fondo la realtà delle agenzie di stampo anglosassone, e attualmente trovandomi a lavorare in una realtà come Publicis appartenente invece ad un network francese, credo di sentirne la differenza.
Spesso i grandi gruppi di comunicazione d’oltreoceano che sono presenti qui in Italia applicano modalità di comunicazione e di organizzazione molto americani, che ci riportano direttamente alla storia del loro management.
La sensazione che abbiamo della nostra agenzia e che vogliamo comunicare all’esterno, è come dire, un poco più mediterranea. Voglio dire che forse concetti come il coaching e la squadra sono più concetti americani che mediterranei.
Noi siamo in Italia e quello che sappiamo fare bene attualmente sono le squadre di calcio, per il resto non vedo altre realizzazioni importanti.
Al nostro interno credo si spenda meno tempo a voler dare una guida vera e propria alle persone, e più invece alla conoscenza e all’approfondimento delle possibilità e dei desideri di ognuno di noi.
Anche se sono cosciente che il mio punto di vista è necessariamente più creativo, penso che sia il comune buon senso che possa guidare le persone a mettere a frutto nel migliore dei modi il grande numero di ore che passiamo in agenzia. Se ci pensiamo, passiamo davvero tantissimo tempo a seguire i diversi progetti, facciamo spesso orari molto lunghi, e per questo credo che ci voglia una motivazione personale molto forte. Ormai siamo abituati a dare risposte sempre più veloci, sempre con idee, con un ritmo sempre più frenetico.
Personalmente mi concentrerei maggiormente sulle idee. A questo riguardo credo che ci voglia prima di tutto, per quanto riguarda il reparto creativo di un’agenzia, una solida motivazione personale e poi un’attitudine a tirare fuori il lato migliore delle persone, cercando anche di non demotivarle quando ci sono periodi di lavoro particolarmente pesanti o quando ci sono idee che non vengono accolte nel modo che si auspicherebbe.”
“Per quanto riguarda me e anche per buona parte dei colleghi, penso che sia inevitabile la contaminazione, in primis perché diventiamo utenti noi stessi di questo tipo di nuova comunicazione. Non ci si può certo chiudere gli occhi di fronte a ciò che avviene su internet, anche riguardo al web 2.0. Siamo utenti noi stessi di questo servizio, e quindi siamo prima utenti e poi comunicatori.
Il fatto di essere relegati all’area dei media classici è certamente una forzatura ma rappresenta anche la verità. Personalmente provengo proprio dal genere di esperienza dell’above the line e vedo che ultimamente stanno cambiando moltissimo gli scenari in cui eravamo soliti confrontarci, ci sono sempre di più canali, e modalità tecnologiche innovative per diffondere i messaggi ed esprimersi creativamente. Da questo punto di vista questa rivoluzione naturalmente ci interessa, anche perché possiamo vedere come questa grande opportunità possa essere colta a tutti i livelli sia dai media tecnologici che dagli altri. In conclusione ritengo che l’opportunità di far nascere un’operazione sulla carta stampata per poi farla vivere sul web, sia del tutto affascinante.”