Stefano Aquilante
Direttore Creativo Adv Activa
Globalizzare significa rendere accessibile alle masse una realtà altrimenti lontana. Accessibile però non sempre vuol dire raggiungibile. Le nuove tecnologie ci permettono di spaziare, vedere, conoscere qualcosa che non si pensava esistesse. Ma non sempre siamo in sincrono con ciò che vediamo. Vedo un paio di scarpe o un telefonino su internet, magari in un sito giapponese: in Giappone quel prodotto è già in vendita, mentre in Europa arriverà dopo sei mesi. E’ un caso di global fuori sincrono: un ritardo anziché una accelerazione.
Lo sviluppo nasce sempre dalla scambio, dalla conoscenza, dalla contaminazione. Una azienda italiana come Diesel ne è l’esempio. Il Made in Italy esce dal suo circolo vizioso per cercare nuove strade. Tra queste, anche il falso Made in Italy, che se fatto a regola d’arte ha una sua precisa connotazione. Basta guardare i vini italiani venduti in america: dai nomi come “Giorgio” alle etichette col ponte di Rialto con dietro il Colosseo. Però gli americani apprezzano, comprano, e lo trovano un vino più che autentico. Anche questa è globalizzazione.
Lo humor è universale. E’ global e local assieme. Recuperare dialetti o cadenze popolari in pubblicità non serve se mancano di humor. Il prosciutto può essere rappresentativo dell’Emilia: se il prosciutto mi fa ridere con intelligenza, diventa qualcosa di nuovo, diverso dallo stereotipo. E il Made in Italy ha molto da dire e comunicare al di fuori degli stereotipi. E’ quello che sto facendo per Diadora, un brand sicuramente italiano che comunica worldwide i valori del suo Made in Italy.
Tra le campagne premiate ne scelgo due fatte per Diadora, perché sono legate al tema del global e del Made in Italy. La prima è quella con Totti e la scarpa Maximus: Totti è il gladiatore del terzo millennio, lo stadio Flaminio è il Colosseo, Maximus è Roma, è il prodotto, è il suo testimonial.
Se Totti è un fenomeno Made in Italy, la tecnica e lo stile Diadora sono altrettanto italiani e vincenti. In questo caso non abbiamo fotografato il Colosseo come una cartolina, ma abbiamo utilizzato elementi di un made in Italy spendibile in tutto il mondo. Con un adattamento local per la stampa italiana: la head “Io Lotto con Diadora” ha ovviamente un gioco di significati spendibili per il nostro paese.
La seconda esporta la genialità italiana in tutto il mondo: un’invenzione per la scarpa da running che allunga il passo fino a due centimetri. e = mc2 + 2 cm. Un titolo scritto in nessuna lingua, ma leggibile in tutte le lingue.
Un’agenzia di pubblicità è ciò che produce. Noi produciamo pubblicità di sostanza. La nostra essenza è italiana, ma la nostra cultura è contaminata ogni giorno, ogni secondo da esperienze che arrivano da qualsiasi parte. Nei fatti, lavorando con il nostro network scambiamo continuamente informazioni, strategie, linguaggi. Abolendo il concetto di traduzione, o peggio ancora, di adattamento. Adattare è un pò come rabberciare, è come farsi sistemare dal sarto l’abito dello zio.
La buona pubblicità, invece, è quella cucita addosso al prodotto. Quella che non poteva essere che per quella cosa lì. Quella che vorrebbero fare anche gli altri. Quella per cui ogni giorno lavoriamo noi.
Il futuro? E’ adesso, in questi giorni. Stiamo per aprire una holding di comunicazione. Magari quando esce l’intervista è già operativa.