Il mondo in App
E’ stato uno choc quando l’altro giorno mi sono scaduti i giga disponibili per la connessione internet dal mio smartphone. Quanta vita, quante esperienze, quante informazioni mi sarebbero state precluse dal mio dissennato utilizzo di traffico informatico? Così ho cercato di ricordare come facessi per risolvere semplici problemi o capricciosi interrogativi prima che esistessero le App.
Nulla, non mi sono proprio ricordato.
Quando, il 9 Gennaio 2007, Steve Jobs presentò l’iPhone proponendosi di reinventare il telefono non credo che avesse capito fino a che punto questo avrebbe influito sul mercato. Anni dopo le Applicazioni Mobile, sono più di 30 miliardi e contano più del doppio di download.
App sta per applicazione, programmi creati e istallati su smartphone e tablet.
E ce ne sono per tutti i gusti: quelle che permettono di sincronizzare i propri contatti con altri devices, quelle che permettono di ritoccare una fotografia e quelle che contano le calorie che si consumano al giorno. Addirittura esiste un’App status simbol che per cento euro ti permette di ammirare un diamante che ruota su se stesso.
La loro influenza nella vita di tutti i giorni è in crescita. Negli Stati Uniti le Università hanno aggiunto corsi per insegnare a programmarle, le aziende che prima chiedevano un sito come vetrina ora esigono un’App. Anche il settore pubblico si serve di questi programmi per comunicare agli utenti se il treno che stanno aspettando è in ritardo.
Un capitolo tangente sono i Social Network che si appoggiano sulle App o che addirittura sono nati per gli smartphone. I Social collegano quasi sei miliardi di persone al giorno e sono una realtà che ha sconvolto modalità con cui siamo costantemente in connessione con il mondo. Ma c’è aria di crisi.
Facebook negli ultimi mesi ha perso 9 milioni di utenti e il numero di disillusi cresce esponenzialmente. Gli specialisti di new media affermano che una delle cause è il fattore di noia in contrasto con il bisogno sempreverde di novità degli utenti che stanno traslocando su piattaforme più nuove come Instagram o Path.
Ma il grande colosso di Zuckerberg non è l’unico a sentire il peso della vecchiaia. E’ di PrivCo, una società specializzata nel raccogliere e analizzare dati finanziari, la notizia che Foursquare sia sull’orlo del fallimento; addirittura l’azienda ne prevede la fine entro lo scadere di quest’anno. Stando a queste analisi il Social Network che permette di condividere la propria posizione con i propri contatti, incasserebbe meno di 50 milioni all’anno a fronte di un investimento iniziale di oltre 70. Inoltre da 18 mesi oscilla tra 2,2 e i 2,5 milioni di utenti mensili, insufficienti quando rapportati ad altri Social Network.
Forse il problema di Foursquare, soprattutto nel nostro paese, è di tipo culturale. Sono in molti che diffidano del Social perché hanno ancora timore di lasciare le proprie tracce. Anche se i più giovani utilizzano questo mezzo con meno riserve, esiste ancora una parte di mancati utenti che si domanda dove finiscano tutti i dati che vengono raccolti.
Un saggio zen disse che quando qualcosa non costa vuol dire che siamo noi la merce in vendita e mai come adesso queste parole sono reali.
Notizia che farà sorridere molti, l’Italia non è dietro a nessuno nella corsa all’oro.
Al World Mobile Congress di Barcellona che si è tenuto lo scorso febbraio è stata premiata Atoona, un’App italiana, come migliore al mondo. L’App consente di istruire il proprio smartphone senza dover essere dei programmatori, per task semplici come inviare un sms nel momento desiderato oppure attivare il vivavoce in auto. Il premio è stato ritirato dai quattro giovani romani di ventisette anni che hanno fondato la startup.
Nel mare confuso delle App quelle più redditizie sono quelle dei giochi.
Che per la mia generazione, figlia dei anni novanta, i videogiochi non fossero un’inutile passatempo era verità riconosciuta. Ma se al tempo qualcuno mi avesse detto che i giochi elettronici avrebbero fatto girare una quantità di denaro paragonabile al prodotto interno lordo di un piccolo paese del Centro Africa, mi sarei molto stupito.
Solo l’anno scorso le App di giochi hanno fatturato di più di quelli per console portatili. Si tenga presente anche che in media un gioco per console il prezzo si aggira intorno ai 40 euro mentre le App sono per lo più gratuite oppure hanno un prezzo più basso dei 10.
Tra le App di giochi più scaricate si trovano Angry Birds, Ruzzle e Fruit Ninja. Basti prendere in considerazione solo il primo: Angry Birds, figlio di Rovio una startup finlandese che annovera alcune disfatte nella sua case history, si basa sull’idea di lanciare uccellini arrabbiati contro dispettosi maialini verdi. Il gioco, che ha avuto quattro versioni, conta 75 milioni di utenti e il suo successo non si è fermato ai devices, ma è stato declinato in un accattivante merchandising, un parco tematico e si appresta addirittura a finire sul grande schermo con un film in prossima uscita.
Insomma, le App non sono giochi da ragazzi.