Intervento di Matteo Battiston
Atti della Tavola Rotonda del 27 Maggio 2009
Matteo Battiston
Direttore IED Comunicazione Milano
Vorrei chiedere quindi ora a Matteo Battiston, Direttore IED Comunicazione Milano, quali sarebbero le sue indicazioni se dovessimo sforzarci ad indicare tre elementi determinanti, utili e necessari alla marca per raggiungere o mantenere quote di mercato importanti?
Innanzitutto il consiglio è rivolto alle aziende e non alla marca intesa come strumento. Non cito l’ecosostenibilità perché mi sembra ormai un concetto “scontato” e consolidato, sperando che non sia solo una moda temporanea, come per alcuni marchi purtroppo sembra essere. Ci sono tre pilastri importanti.
Uno è il valore della professionalità. Abbiamo aperto parlando di crisi, e il timore che ho osservando il settore da un osservatorio staccato dal mercato, è che la creatività che sta sotto alla marca, la creazione della narrazione, sia svilita dal momento di crisi perché si tende a confondere il concetto di “investimento in creatività” con il concetto di “spesa in creatività”.
Bisogna tornare a capire che la creatività è un valore strutturale per la crescita ed è un investimento. L’idea stessa ha valore perché è investimento e non è spesa, intesa come strumento tecnico con cui semplicemente accedo ai mezzi. Questo è il primo valore su cui noi dello IED lavoriamo tutti i giorni, formando dei professionisti.
Il rischio di questi nuovi strumenti è che chi li osserva da non professionista veda in essi la possibilità di trovare creatività a basso costo. Quante volte vediamo amministratori delegati che vogliono modificare le campagne in base ai propri gusti personali. Riconoscere la professionalità significa anche valutare le idee con chiavi professionali. Per questo auspico meno amministratori delegati e più direttori comunicazione che giudicano le campagne.
Come secondo valore: sperimentazione. Quando parliamo di marca molto spesso in Italia ci rifacciamo a valori nati negli anni sessanta. Recitiamo ancora storie del Made in Italy cercando di renderle coerenti con la realtà moderna. In realtà quelle grandi narrazioni e marche sono nate dalla grande coesione e unione strategica tra una visione aziendale molto forte e una sperimentazione creativa che in quel momento non sapeva neanche dove poteva portare. Parliamo ad esempio dell’unione da Depero e Campari, oppure l’unione tra grandi architetti e marche che ancora oggi citiamo come grandi esempi del Made in Italy.
Se si tornasse davvero a fare sperimentazione sono convinto che i benefici sarebbero molteplici. In realtà vedo troppo spesso strategie di marca nascere dalla pianificazione piuttosto che dall’idea creativa. Ancora una volta contaminazione con aree anche artistiche un po’ lontante da quella che è la mera dottrina pubblicitaria forse ci aiuterebbe a costruire una comunicazione migliore.
Ma in questo contesto le aziende sono disposte a sperimentare?
Ritorniamo a quanto detto precedentemente. A mio avviso la sperimentazione è vero che costa, ma vale come investimento.
Il terzo elemento è la tecnologia. Il rapporto con la tecnologia cambia il paradigma di relazione con il consumatore. Non ci possiamo più permettere brand che fanno grandi dichiarazioni perché appena si accede ad un social network, si entra poi in dialogo. Non si compie più una relazione unilaterale. Solo se lo scambio è bilaterale abbiamo comunicazione. Sono in pochi ad essere pronti ad affrontare la sfida di questo nuovo paradigma. Questo utilizzo della tecnologia in maniera sapiente invece, puntando di nuovo sul posizionamento strategico, è una chiave di svolta per avere un brand con chance di successo nell’arena competitiva di oggi. Quindi professionalità, sperimentazione e tecnologia.