Enrico Soci
Partner Controcampo Produzioni
Vogliamo iniziare parlando di Controcampo?
Controcampo è una casa di produzione un po’ particolare. Nasce a Venezia nel 1990 dall’aggregazione di professionisti impegnati nei diversi settori dello spettacolo e della comunicazione audiovisiva: un regista teatrale, un produttore pubblicitario, un operatore televisivo, un film maker e il sottoscritto, che viene dal giornalismo televisivo e dal cinema.
L’unione di professionalità così diverse ed eterogenee arricchisce Controcampo di stimoli e contributi e si traduce in un modo di lavorare profondamente artigianale: ciascuno di noi segue personalmente e meticolosamente i propri progetti in tutte le fasi della lavorazione, senza ruoli gerarchici rigidi, ma con molta collaborazione e confronto all’interno del gruppo. E si tratta di un gruppo molto affiatato, anche perché i nostri abituali collaboratori – operatori, direttori della fotografia, montatori, grafici - sono cresciuti con noi, li abbiamo formati internamente, per riuscire ad ottenere il livello qualitativo professionale che ci siamo prefissati e che non è facile reperire nel nostro territorio.
Che cosa significa lavorare in una realtà come quella veneta?
Anche se abbiamo numerosi clienti di dimensione nazionale e al di fuori del Veneto, noi siamo una realtà molto legata al proprio territorio.
Per poter essere competitivi in questo ambito, una delle nostre scelte strategiche è stata quella di sviluppare internamente anche la creatività: un’opportunità in più che offriamo ai nostri clienti. Una parte rilevante dei nostri progetti, infatti, è costituita da video aziendali - sia istituzionali che di prodotto - che noi spesso realizziamo in toto. Per le campagne televisive – spot e telepromozioni – generalmente lavoriamo in modo più tradizionale, svolgendo il ruolo di casa di produzione che collabora strettamente con l’agenzia di pubblicità, e con il contributo dei migliori registi, direttori della fotografia, musicisti e degli altri professionisti del settore.
Il nostro payoff, ‘creatività in produzione’, rispecchia appunto questo duplice posizionamento.
Un’altra specificità del nostro mercato è che i clienti, talvolta anche di grandi dimensioni, sono molto dinamici. Si muovono rapidamente e impongono tempi di produzione brevissimi. In questi casi si rivela vincente la nostra capacità di ‘fare gruppo’ di rispondere con la duttilità a queste ‘emergenze’. In occasione di progetti importanti o particolarmente urgenti, ci concentriamo tutti sul lavoro. Emerge allora la nostra abitudine e attitudine a lavorare insieme. Così siamo in grado di consegnare il lavoro, con la qualità richiesta, e spesso con appena pochi giorni a disposizione.
Questa capacità di rispettare tempi ‘impossibili’ è uno dei nostri plus. Ci ha consentito, ad esempio, di lavorare con grandi realtà che, pur avendo una propria casa di produzione interna, erano costrette a rivolgersi all’esterno proprio a causa del pochissimo tempo a disposizione. Noi siamo riusciti a fornir loro il prodotto che avevano in mente nei tempi richiesti.
Anche il rapporto con Aprilia è nato così: bisognava rifare di sana pianta uno spot con gli spazi televisivi già acquistati. Noi ci abbiamo messo poco più una settimana: dall’ideazione alla consegna della copia emissione alla Rai di Roma... e con la piena soddisfazione del cliente.
Qual è il tipo di creatività richiesta nei vostri progetti?
La nostra non può essere una creatività ‘no limits’. Dovendo fare i conti con budget non illimitati, il nostro contributo è proprio quello di riuscire a realizzare l’idea creativa tenendo conto dei precisi paletti imposti dalle risorse a disposizione. Ma per noi, più che un ostacolo, questa esigenza rappresenta una sfida in più, uno stimolo a cercare di ottenere sempre il meglio.
Questo è lo stesso atteggiamento che mettiamo in campo quando affianchiamo il nostro lavoro di produzione al delicato lavoro dell’agenzia, come accade spesso quando siamo impegnati alla realizzazione di spot pubblicitari. Questo non è affatto riduttivo, anzi: io amo molto lavorare in gruppo per cui, quando un progetto mi piace, non ho alcun problema, mi stimola e mi arricchisce confrontarmi con i creativi e con idee che non necessariamente sono le mie. Per abitudine affrontiamo il lavoro con curiosità e con apertura.
Come nel caso del film Diadora?
Sì. Con l’agenzia Ad Store abbiamo lavorato spesso gomito a gomito su un cliente un po’ particolare come Diadora, che tende ad intervenire direttamente nella creatività. Infatti questo film nasce proprio da un’idea creativa del direttore comunicazione Diadora, sviluppata poi in collaborazione con Ad Store.
Il messaggio si compone di due momenti: il primo che si riferisce alla violenza nel mondo e il secondo alla risposta che lo sport può dare, come luogo di incontro e non di scontro, ed è sintetizzato dal payoff ‘il mondo ha bisogno di giocare di più’: particolarmente significativo nel momento in cui fu realizzato, con il clima di guerra drammaticamente presente.
Ecco così i testimonial del mondo del calcio - patrimonio importantissimo dell’azienda – svolgere il ruolo dei protagonisti del film insieme ad un folto gruppo di bambini e ragazzini. Questo ha reso la produzione molto divertente, ma piuttosto complicata. Da un lato gli impegni dei calciatori, che hanno reso necessarie due tornate di shooting, dall’altro il lavoro con i bambini, che sono sempre molto creativi, danno molto, ma per esprimersi al meglio hanno bisogno di essere se stessi. Così abbiamo cercato di girare lasciando a tutti molta libertà: sia ai ragazzini che ai calciatori. Alla fine tutti, pur essendo ‘non attori’, sono risultati molto naturali; siamo riusciti a creare un clima familiare, positivo, in cui perfino la troupe viene contagiata dal bisogno di giocare: cosa che è avvenuta realmente... E’ stato quasi un documentario. Il backstage di uno spot…
Anche in questo caso con tempi molto stretti...
Sì. In questo caso la rapidità è proprio una caratteristica del cliente, che adora lavorare con l’adrenalina al massimo. Così l’adrenalina dev’essere per forza condivisa... Ma devo essere sincero: anche a noi piace lavorare con l’acqua alla gola. Ormai siamo abituati a dare il meglio proprio sotto pressione. Il film è stato ultimato in 3 settimane: dal soggetto iniziale alla consegna. Per cui le idee sono state messe a punto mentre già si organizzavano le riprese. La musica è stata composta mentre il film veniva montato...
Qual è stato l’aspetto più soddisfacente di questa produzione?
A me piace molto il trattamento colore, molto bello, molto personale: esalta i colori istituzionali dell’azienda. Anche la musica di Arena dà un contributo prezioso. E’ molto azzeccata, ed è stata un piccolo miracolo, realizzato - come dicevo - in una sola notte di lavoro: evidentemente, una notte molto ispirata. E poi la recitazione, le emozioni che il film trasmette attraverso i suoi protagonisti… In generale penso che si sia riusciti a creare un clima molto positivo durante le riprese e che, in qualche modo, questo emerga anche nel film: si vede che è sincero, non finto…
E’ stata, inoltre, molto gratificante la soddisfazione finale del cliente, che ha visto realizzato il sogno che aveva in mente: l’incontro in un campo di calcio - informale e improbabile - di due mondi apparentemente diversi e lontani: quello dei bambini e quello dei campioni, che finalmente possono condividere la gioia di giocare insieme e per il puro piacere di farlo.
Un messaggio fortemente valoriale come questo è un caso un po’ raro nell’advertisting...
A dire il vero, guardandomi intorno vedo una marcata tendenza alla ricerca di idee forti, dopo anni in cui si preferiva colpire con un apparato produttivo imponente: spot faraonici, effetti speciali esasperati, modelli sociali di riferimento inarrivabili... Spesso era semplicemente la pubblicità che metteva in scena se stessa.
Mi sembra che oggi si impongano invece le ‘idee forti’ e semplici. Molto impattanti ma alla portata di tutti: sia per il linguaggio sia per i modelli di comportamento veicolati. Personalmente, non amo lo spot con una forte ricerca estetizzante, che rischia di essere fine a se stessa. Ma ho l’impressione che oggi anche i clienti preferiscano volti e locations ‘normali’. E così, spesso, la realtà idealizzata e di status elevato lascia il posto a situazioni e a modelli in cui più facilmente ci si può identificare.
Credo che il successo dei reality show rappresenti l’altra faccia - quella più oscura - di questa tendenza: i protagonisti sono persone ‘normali’ o comunque devono reagire a situazioni quotidiane. I modelli di identificazione aspirazionali, lontani da noi, sembrano funzionare meno di un tempo...
Che impatto ha questa tendenza sul vostro lavoro?
Per noi è molto più gratificante lavorare al servizio di una buona idea che non al servizio di un forte apparato produttivo. Poi questa tendenza si sposa benissimo con il nostro modo di lavorare, molto artigianale, molto ‘creatività in produzione’…
Anche nel settore del video aziendale si possono notare dei cambiamenti?
Se penso ai film di prodotto direi che parlano oggi un linguaggio molto più legato al videoclip: sono molto più brevi, spesso non hanno un testo ma si basano solo sulla forza delle immagini e dei suoni. Puntano a produrre emozioni forti, aiutano ad interpretare i bisogni e i desideri che il prodotto incarna. Così la musica gioca un ruolo molto più determinante: ‘è la musica che comanda’, ci ripetiamo spesso in montaggio. La scelta della colonna sonora diventa fondamentale: già in fase di ripresa certe scelte vengono pensate e realizzate in funzione della musica…
E poi per noi è molto gratificante quando riusciamo ad integrare il video in un contesto più ampio. Uno dei nostri settori di attività, infatti, è la realizzazione di eventi dal vivo - presentazioni, stand fieristici, convention, mostre, happening, sfilate… - sia a livello creativo che produttivo. E quando siamo incaricati di entrambi gli aspetti, cerchiamo di far dialogare l’audiovisivo e l’evento: il video diventa allora una parte importante della scaletta, che si integra con l’allestimento, l’ambientazione, le scenografie, gli effetti...
Voi producete anche lavori indipendenti...
Sì, stiamo sviluppando il settore dei documentari. Abbiamo prodotto, ad esempio, un documentario lungometraggio sulla storia di Porto Marghera - il polo industriale veneziano che si sta spegnendo – che è stato presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e a cui seguirà un nuovo progetto sul lavoro oggi... Poi stiamo ultimando altri tre documentari girati in Marocco e in Irlanda. Insomma, ogni anno cerchiamo di realizzare 2 o 3 progetti ‘nostri’. Che poi vanno in onda, che hanno vinto dei premi, che vendiamo anche all’estero... Certo, quello del documentario in Italia è un mercato un po’ difficile, ma non ci crediamo e ci piace farlo, per cui...
E’ molto diverso lavorare su un proprio progetto o su uno spot per un grosso cliente?
Per noi l’atteggiamento non cambia: dal video più semplice alla campagna più impegnativa, noi ci poniamo nello stesso modo e con lo stesso entusiasmo: cercando di realizzare il miglior prodotto possibile.
Questa cocciutaggine è una delle nostre caratteristiche che amo di più: ci capita di trovarci alla fine del lavoro, con il cliente che ha già approvato tutto, a voler ancora metterci le mani, per ritoccare, per provare un’altra soluzione, perché non siamo del tutto convinti di qualche dettaglio... A volte si lavora più per sé, per potersi identificare pienamente con un buon risultato.
Poi, come dicevo, il nostro è un luogo di lavoro molto particolare, un ambiente per certi versi idilliaco, in cui riusciamo a lavorare - e a lavorare molto - divertendoci. Il che certo non guasta.