Fabio Padoan
Consumer Playmaker: Nella delicata fase d’arrivo presso l’audience di riferimento, quali sono le condizioni che regolano la buona ricezione del messaggio?
Fabio Padoan
Creative Director Bitmama
L’utente come percepisce la diversa tipologia di messaggi nell’affollamento quotidiano degli avvisi pubblicitari? Quale tipo di engagement risulterà maggiormente gradito?
Più aumentano i messaggi a cui siamo esposti, gli schermi con cui interagiamo, la velocità con cui passiamo da un’informazione all’altra, più mettiamo in atto meccanismi di difesa, una specie di selezione naturale che facciamo, spesso inconsciamente, per sopravvivere. Lo smartphone, per esempio, è sempre meno un device e sempre più un “tool for life”, un’estensione di noi, così intima che basta poco per essere percepiti come intrusi. In questo scenario, diventa cruciale mimetizzarsi: spostare l’attenzione sugli interessi della propria audience, essere rilevanti rispetto al contenuto, al linguaggio e ai canali, per entrare nel personale flusso dei contenuti di ogni persona, tra il suo zapping sui profili social, le sue serie TV, la musica che ascolta, le informazioni che cerca. Bisogna essere liquidi, scorrere all’interno della loro vita quotidiana.
Spesso non ci accorgiamo di quanto gli algoritmi stiano pilotando le nostre scelte attraverso l'utilizzo dei Big Data. Quale sarà Il futuro della comunicazione? Sarà esclusivamente Data Driven o c’è la possibilità di una svolta creativa Human Driven?
I dati sono una parte fondamentale del lavoro che facciamo per i brand: dicono chi siamo, ci dividono in gruppi, raccontano cosa compriamo, dove andiamo in vacanza e cosa vediamo in TV o online. I dati sono un punto di partenza da cui non possiamo più prescindere, ma sono un strumento, non un fine, e la loro utilità si rivela soprattutto attraverso l’uomo, grazie alla sua capacità di selezionarli, di interpretarli, di associarli. I dati ci dicono ciò che è, fotografano un cambiamento, ma non il processo che ha portato al cambiamento. I dati non prevedono, non intuiscono, non associano. Non conoscono la storia delle persone. Sono rassicuranti, certo, ma è più rassicurante pensare che la comunicazione non smetterà di essere human-driven: a guidare le nostre scelte sono e saranno sempre prima di tutto i nostri desideri, le nostre paure, i nostri bisogni: è lì che dobbiamo continuare a indagare. E più il mondo sarà tecnologico, più avremo bisogno di sentirci umani, di riconnetterci con la nostra natura, di provare emozioni. Potrebbe essere proprio questo il compito principale della tecnologia: fare in modo che gli esseri umani restino esseri umani.
All’interno di un mercato sempre più esigente e competitivo, l’elemento cardine per le aziende resta la reputazione, attraverso la quale sono quotidianamente sotto esame da parte dei consumatori. La sostenibilità può aggiungere personalità al brand, suscitando un interesse più marcato nelle nuove generazioni?
I brand non sono più solo dei brand: sono editori, attivatori di conversazioni, ma soprattutto attori sociali con responsabilità nei confronti della società, della salute delle persone, del territorio in cui operano. Ogni loro scelta, posizione e azione contribuisce a creare la loro reputation. Parallelamente sono sempre più determinanti nel mercato le nuove generazioni, dai Millennials in poi. Sono la “choice generation”: sono consapevoli che contenuti e servizi devono essere garantiti subito e dappertutto e si fidano più dell’opinione di un amico che di quella di un brand. La fiducia, un brand, deve conquistarsela, con la trasparenza e la sostenibilità dei loro prodotti, ma anche dei messaggi e dei valori che veicolano. Sanno che il brand ci parla perché vuole vendere i propri prodotti o servizi. Sanno cos’è la pubblicità e non la rifiutano, ne prendono atto e si aspettano che sia corretta, intelligente, coerente, non chiedono più ai brand di non farla, ma chiedono di farla bene. Possiamo comprare i loro prodotti e vedere i loro video, ma cosa ci danno in cambio? Cosa fanno per noi? E per il nostro territorio? E per il nostro tempo?